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Ecco perché ha già vinto “Occidentali’s karma”, l’alligalli 2017 dell’Italia giovane che sorride

“Comunque vada panta rei”: canta così l’inno alla resilientissima leggerezza dei (poco più che) trent’anni firmato da Francesco Gabbani, in gara a Sanremo 2017 col tormentone a orologeria “Occidentali’s karma”.

Gabbani, carrarese classe 1982, la voce roca, la pronuncia biascicata e la faccia di bronzo di quello che piace a tutta la comitiva, è figlio di un negoziante di strumenti musicali e ha il tiro endemicamente ritmico di chi ha cominciato con la batteria, per passare poi a fare le melodie sulla chitarra, la tastiera e le quattro corde del basso.

Il guascone toscano esordisce a 18 anni col progetto Trikobalto, prodotto dal tandem dei maestri dell’Italian electro wave Alex Neri e Marco Baroni di Planet Funk, che nel 2010 apre l’unica data italiana degli Stereophonics; arriva a Sanremo lo scorso anno, tra le nuove proposte, col brano “Amen” che ne svela le effetive possibilità di paroliere.

“Occidentali’s karma” è la bomba radiofonica dalla miccia lunghissima, la macchina perfetta da beach club e dancefloor, con la sua coreografia semplice e giocosa, che Gabbani, physique du rôle da italiano figo e caciarone e look studiatissimo, coi completi grotteschi e i maglioncini Benetton dei nostri anni Novanta, ha interpretato sul palco dell’Ariston in compagnia di un performer vestito da scimmia, proprio quella che “balla nuda” nella filastrocca del testo, e la memoria corre subito al mitico clip di “The bad touch” della rapcore band americana Bloodhound Gang, coi membri della formazione che, strambi sardonici e sboccati, si aggiravano vestiti da primati per le strade di Parigi.

È invece un tempio buddista l’ambientazione zen-pop per il music video del singolone di Gabbani, dall’arrangiamento arioso ma non banale, che svela strutture da guitar song e l’ispirazione che proviene da Mika e Scissors Sisters, ma che strizza l’occhio pure a Robbie Williams e persino ai primi Take That ma in chiave più rock. Il tema scanzonatamente new age del testo lascia presagire balli di gruppo neo hippie in spiaggia, tutti bandane e perline:

C’è il Buddha in fila indiana/Per tutti un’ora d’aria, di gloria./La folla grida un mantra/L’evoluzione inciampa/La scimmia nuda balla/Occidentali’s Karma”;

ma nella canzone di Gabbani c’è anche lo straniamento da socialità 2.0 (“Internettologi/Soci onorari al gruppo dei selfisti anonimi”, e ancora “Mettiti in salvo dall’odore dei tuoi simili”), e infine qualcosa che riguarda l’arrendersi, il gettare la spugna: “Quando la vita si distrae cadono gli uomini”. Ma la scimmia nuda di Francesco ( e dell’omonimo, irriverente capolavoro zoologico di Desmond Morris) si rialza sempre, di strofa in strofa, e sembra ricordarci di certe invincibili estati nelle quali, se cadi, è perché proprio non ci stai a smettere di ballare. In bocca al lupo, Francesco, ci vediamo sul bagnasciuga.