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Il contemporaneo siamo noi: il caso Christo e il nostro presente

Un tentativo di capire cosa sono davvero i Floating Piers

Sulzano  – Ironizzare sull’arte contemporanea è facile (ed è uno sport molto praticato in Italia). Più impegnativo è invece guardare davvero il lavoro di artisti che non usano più concetti come quadro o scultura e creano qualcosa d’altro, cercando di restare radicalmente legati al presente. Qualcosa che succede con il lavoro di Christo, artista però capace di portare 5 milioni di persone davanti al Reichstag impacchettato a Berlino e ora oggetto di incredibili affluenze di pubblico per The Floating Piers sul lago d’Iseo.

Luigi DiCorato, direttore della Fondazione Brescia Musei, proprio dalla passerella arancione di Christo, ci ha parlato del metodo di lavoro dell’artista bulgaro-americano.

“È un’arte contemporanea speciale – ha detto ad askanews – Christo non si è mai rivolto ai musei, non ha mai voluto gallerie, pensate che non ha mai voluto neanche un assistente, e quindi ogni disegno che realizza lo fa solo con le sue mani, non ha mai voluto in qualche modo basarsi sul welfare culturale, e ha fatto tutto con le sue forze. E’ un insegnamento per tutti, è il segno che si può fare, e si può fare davvero”.

Tra i critici dei Floating Piers le obiezioni ricorrenti sono di due tipologie: da un lato la troppa pressione sul territorio del lago d’Iseo, dall’altro l’idea che sia tutta una mossa di marketing che niente ha a che fare con l’arte. Obiezioni legittime, ma se nel primo caso pur con le note difficoltà il sistema sta reggendo, nel secondo si tratta di una considerazione che parte da una idea di arte che oggi, bene o male che sia, è stata abbondantemente superata. Da Christo senza troppi complimenti.

Il contemporaneo – ha aggiunto DiCorato – è per sua natura elitario, si rivolge a piccoli gruppi di iniziati, è un sistema assolutamente autoreferenziale, perché vive sulle relazioni tra l’artista e il gallerista, il gallerista e il museo, il museo e il critico d’arte… Ecco, tutto questo da Christo è scardinato: non esiste il Sistema dell’arte per lui”.

Quello che esiste è l’opera, sono le persone che da giorni ne determinano una sorta di costante tutto esaurito. Senza voler nemmeno citare l’indotto per il territorio – comunque significativo – a colpire chi decide di vivere in prima persona l’esperienza dei Piers è soprattutto la sensazione, come dice lo stesso Christo, di essere dentro l’arte.

“Non è un dipinto, non è una scultura – ha detto l’artista – È un’opera d’arte che per poterla vedere devi metterci dentro il tuo corpo”.

“Questo è il più grande insegnamento – ha concluso Luigi DiCorato – l’insegnamento che ci porta a vincere la diffidenza e ci porta a capire che l’arte ‘serve’, ma serve nel nostro cuore per farci vedere le cose da un altro punto di vista, serve a capire che si può fare e serve anche per aprire la mente e ci costringe in qualche modo a pensare a quello che stiamo facendo in questo momento”.

Forse proprio questo pensiero sul nostro estremo presente è la migliore definizione che si può dare su quella cosa complessa e multiforme che, convenzionalmente, chiamiamo arte contemporanea.

(askanews)