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Decreto Vaccini: perplessità ed emergenze

Quando muore un bambino si rimane sopraffatti da un senso profondo di impotenza.
Un sussulto di giustizia si precipita famelico alla ricerca di un colpevole.
E questa fame va placata, meglio se con un boccone grosso dal retrogusto amaro.
“La colpa è dei genitori che non hanno vaccinato i fratelli!”

Poi si scopre che l’immunità di gregge non è stata garantita al San Gerardo di Monza, dove tra fine febbraio e inizio marzo si sono registrati sei contagi di morbillo, focolaio nel quale dovrebbe essere stato coinvolto il bambino leucemico di sette anni, che non ce l’ha fatta per le complicanze respiratorie della malattia.
Un caso che puzza di malasanità, ma la gogna mediatica si è già riversata e “la colonna infame” è stata eretta.

Mentre ci si affanna in questa caccia alle responsabilità , che molto ricorda quella che portò all’atroce tortura di Piazza e Mora, i due innocenti accusati di essere untori della peste del 1630, il morbillo si diffonde ancora . Dopo l’epidemia del 2002 che aveva colpito fino a 40 mila bambini e portato a 6 decessi, una campagna straordinaria di vaccinazione era riuscita a portare ai minimi storici nel 2005 la malattia, che, però, si è mantenuta su valori altalenanti fino a raggiungere i 2988 casi segnalati dall’inizio del 2017;

la copertura vaccinale è scesa negli ultimi dieci anni dal 90% all’ 85%, non raggiungendo la soglia critica (95%) prevista per il 2015 nella Regione Europea dell’OMS, e nemmeno il decreto Lorenzin rischia di essere sufficiente a contenere l’aumento progressivo del numero dei casi.

Viene da chiedersi, infatti, se rivolgersi unicamente ai nuovi nati e ai non vaccinati con meno di 16 anni non significhi sottovalutare i 237 casi di morbillo tra gli operatori sanitari dall’inizio del 2017, sottovalutare l’età mediana di 27 anni dei casi registrati in Italia. Avrebbe forse maggiore efficacia un programma temporaneo, fino al raggiungimento della soglia del 95%, che tenga conto di tutti i soggetti definiti suscettibili di morbillo dall’Istituto Superiore di Sanità, tra i quali rientrano anche gli adolescenti e i giovani adulti non vaccinati, i viaggiatori e, appunto, gli operatori sanitari non vaccinati. Pensiamo, inoltre, al grande valore simbolico e di persuasione nei confronti del pubblico che avrebbe l’obbligo per il personale sanitario o anche per gli insegnanti e tutto il personale scolastico.


Viene da chiedersi
le motivazioni che hanno spinto ad approvare a gennaio 2017, quando i dati sulle coperture erano ben noti, un piano triennale vaccinale di una visione così distante da quella del decreto. Si legge, infatti, che “L’ empowerment dei cittadini non è basato solamente sulla capacità dei programmi di prevenzione di raggiungere i soggetti da coinvolgere, ma anche, e soprattutto, sulla formazione degli operatori sanitari. Questi ultimi devono essere fautori dell’interesse individuale e collettivo delle vaccinazioni, instaurando relazioni attente alle esigenze e preoccupazioni dei singoli, basate sul dialogo “chiaro” e “comprensibile”, l’importanza del quale è maggiormente evidente se solo si pensa alla relazione tra operatore sanitario e genitore nel complesso processo decisionale che è la vaccinazione dell’infanzia”.
Le parole del Piano sono tutt’altro che in armonia con la decisione di obbligatorietà dei 12 vaccini prevista dal decreto, nel quale la formazione degli operatori, la relazione tra operatore e genitore non sembrano elementi imprescindibili.



Viene da chiedersi
sul piano squisitamente tecnico in base a quale criterio il decreto:
– preveda una somministrazione anti-haemophilus B fino ai 16 anni, se non si dispone di un vaccino autorizzato sopra i 5 anni;
– renda obbligatorie due vaccinazioni fino a ieri facoltative come quelle contro il     meningococco B e C, se l’Italia è uno dei Paesi europei a più bassa incidenza di meningite. Come scrive in un promemoria inviato alla Commissione Sanità, il direttore dell’Istituto Negri, Silvio Garattini,  “si potrebbe omettere per il momento la vaccinazione per il meningococco B e C, in attesa di avere dati più sicuri sulla reale durata nel tempo dell’effetto immunitario e considerando la bassa contagiosità del meningococco e la bassa prevalenza di portatori sani in età infantile, che rendono meno rilevante il potenziale impatto sulla protezione della salute della comunità della vaccinazione nei primi anni di vita. I dati delle coperture vaccinali indicano, per altro, una buona adesione, in aumento nel tempo, alle vaccinazioni contro il meningococco.”;
– renda obbligatorie le vaccinazioni anti-menigococciche, ma non l’ anti-pneumococcica che viene espressamente raccomandata nel nuovo piano vaccinale.

Viene da chiedersi se è la strada giusta quella di focalizzare l’attenzione sull’ asilo nido, dal momento che si passa da regioni come la Calabria in cui solo il 2% dei bambini frequenta a regioni come l’Emilia Romagna dove negli asili si raggiunge il 30%.
Ciò protegge ovviamente coloro che frequentano l’asilo, rischiando di non raggiungere la soglia critica che assicura una immunità diffusa in tutta la penisola.

Viene da chiedersi se non sia più opportuno posticipare la data di attuazione della legge all’anno 2018/2019 in modo che le strutture scolastiche siano adeguatamente formate per essere quanto più efficienti, in modo da permettere agli ambulatori già sovraccarichi di organizzarsi nel modo migliore per evitare code già abbondantemente lunghe.
Nell’attesa si potrebbe decidere di riportare il decreto legislativo all’iter parlamentare naturale, così da garantire un maggiore approfondimento anche nei metodi, partendo magari da una considerazione di Ulrike Schmidleithner (membro del Comitato Scientifico di “VaccinarSì”, il portale della Società Italiana di Igiene ):

La vera domanda non dovrebbe essere:”come aumentare le curve vaccinali”, ma “come aumentare il consenso, la consapevolezza, la fiducia” delle persone[…] Ma la vedo un po’ dura chiedere la fiducia a qualcuno a cui si dice in modo nemmeno troppo implicito che non ci si fida.

E come può ispirare fiducia un clima di guerra, che rischia solo di amplificare la voce degli antivax.
Da una parte chi sospetta dei conflitti di interesse chiamando all’appello la pluricondannata GlaxoSmithKline, l’azienda produttrice dei dodici vaccini obbligatori del decreto, ben nota ai tribunali statunitensi , cinesi e anche italiani, o giustificando la legge come una forzatura figlia dell’ impegno che il Ministero della Sanità con l’Aifa ha preso accettando a settembre 2014 di guidare per cinque anni le strategie e le campagne vaccinali nel mondo.
Dall’ altra un ministro come la Lorenzin che più volte ha strumentalizzato negli ultimi anni nei salotti televisivi morti inesistenti per epidemie di morbillo in Inghilterra, o che pochi giorni fa ha reso nota una presunta circolare, pubblicata sui giornali austriaci, con la quale si invitavano le famiglie a non andare a Gardaland a causa del basso tasso di immunizzazione per il morbillo. Un velo pietoso, invece, sui sillogismi decisamente impeccabili del senatore Pepe…

Attualmente il decreto è in Commissione Igiene e Sanità del Senato e gli emendamenti proposti puntano ad una riduzione della multa per gli inadempimenti, all’eliminazione della sanzione della perdita della patria podestà e all’introduzione di un meccanismo di verifica periodica (forse ogni due-tre anni) per stabilire la possibilità di interrompere l’obbligatorietà di determinate vaccinazioni.
L’impianto coercitivo ed espansivo del decreto, le perplessità sopra espresse e l’emergenza-morbillo rimangono, mentre il livello di preoccupazione dei genitori si alza progressivamente, a tal punto che molti hanno deciso di scendere in piazza, come sabato a Palermo dove trecento famiglie hanno sfilato per conto del “Movimento per la Libera scelta vaccinale Sicilia” .

La discussione si anima di toni sempre più accesi, la situazione vive divisioni all’interno della stessa classe medica e se i cittadini tentennano a fidarsi delle indicazioni del Ministero della Sanità, forse è il caso di fare autocritica. Capire per quale pigrizia accorgersi del morbillo quando sta per diventare epidemico, per quale superficialità gli operatori sanitari conoscono così poco i vaccini da non essere credibili dinanzi ai dubbi delle famiglie, per quale inefficienza di sistema i medici diffondono teorie false per interessi che non comprendono il diritto alla salute.
E autocritica la deve fare il cittadino che in nome di una libertà di scelta si permette di non tener conto dell’interesse della collettività, inclusi i più deboli.

“Sapere che sappiamo quel che sappiamo, e sapere che non sappiamo quel che non sappiamo, questa è la vera conoscenza.”

Niccolò Copernico