Segnala a Zazoom - Blog Directory

Genova – Rientro in polizia per i condannati del G8

G8 di Genova, 2001: scadono i 5 anni di interdizione dai pubblici uffici per i condannati coinvolti nei fatti della Diaz. Presto ci sarà il loro rientro in polizia.

Il 19 Luglio del 2001 ebbe inizio il summit del G8 di Genova; domani saranno passati ben 16 anni. Pochi giorni fa sono terminati anche i cinque anni di interdizione dai pubblici uffici ai quali sono stati condannati alcuni dei 25 tra alti dirigenti della polizia e capireparto della Celere (il corpo speciale di polizia di pronto impiego, formato da reparti autotrasportati, per il mantenimento dell’ordine pubblico) condannati per i pestaggi, i falsi verbali e prove relativi all’irruzione nella scuola Diaz.

Su di loro, i giudici della Cassazione hanno scritto:

“hanno gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”

e gli stessi starebbero in queste ore per indossare nuovamente la divisa da poliziotti (senza dimenticare chi lo ha già fatto).

La scadenza della pena si incrocia con l’ultima sentenza relativa ai fatti del G8, in cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha di nuovo condannato l’Italia per l’assenza del reato di tortura (la legge, tra mille contestazioni, è stata approvata, infatti, solo pochi giorni fa e fa comunque discutere).

Come riporta “Repubblica.it”, tra gli imminenti rientri ne spiccano tre: Pietro Troiani, il vicequestore che portò materialmente dentro la Diaz le due bottiglie molotov che nei verbali costruiti ad hoc sono state descritte come le armi “trovate sul posto” che inchiodavano i black bloc.

Gilberto Caldarozzi, il capo del Servizio centrale operativo al momento della condanna definitiva. Ha lavorato in questi anni per le banche e poi è stato chiamato come consulente della sicurezza a Finmeccanica dallo stesso presidente Gianni De Gennaro.

Infine, Filippo Ferri, il più giovane dei dirigenti condannati, figlio dell’ex ministro e fratello del sottosegretario alla giustizia, capo della squadra mobile di Firenze al momento in cui è scattata l’interdizione. Attualmente responsabile della sicurezza del Milan.

Le accuse per le lesioni gravi sono state prescritte ma valide per i risarcimenti civilistici. Tra i condannati per i falsi verbali, vi sono: Salvatore Gava ex dirigente di squadra mobile che oggi lavora per Unicredit; Fabio Ciccimarra che è stato condannato in appello (prescritto in Cassazione) per sequestro di persona per i fatti del G7 di Napoli alla Caserma Raniero e Spartaco Mortola ex capo della Digos di Genova.

Altri condannati hanno, invece, ottenuto dal Tribunale del riesame, l’affidamento ai servizi sociali, senza ricevere l’interdizione. I capisquadra del reparto mobile, ovvero i responsabili della “macelleria messicana” secondo la definizione usata dal loro vicequestore Massimiliano Fournier, dovendo rispondere “solo” di lesioni gravi, sono rimasti in polizia (come tutti gli agenti mai identificati).

E poi c’è il caposquadra Massimo Nucera, condannato a 3 anni e cinque mesi per falso e lesioni. A Natale del 2013 è stato condannato dal Consiglio provinciale di disciplina della polizia ad una sospensione dello stipendio di un mese ma dopo un anno, il capo della polizia di allora, Alessandro Pansa, l’ha ridotta a 47 euro.

I giudici che hanno disposto il risarcimento per un gruppo di manifestanti picchiati e arrestati alla Diaz, scrivono:

“Quanto alle sanzioni nei confronti dei funzionari di polizia il Governo italiano ha informato la Corte, senza per altro fornire dettagli, che tutto il personale implicato è stato sottoposto a misure disciplinari che hanno portato ad una sospensione dal servizio per periodi determinati, in concomitanza con sanzioni pecuniarie proporzionate al salario individuale… alcuni sono stati sanzionati con l’interruzione del servizio o con il blocco delle carriere”.

Ma le uniche sanzioni disciplinari di cui si sa, sono quelle che per legge può decretare la Corte d’Appello ai poliziotti con il ruolo di agenti di polizia giudiziaria e i 47 euro di stipendio per Massimo Nucera.

Per il blocco delle carriere, è capitato ad alcuni tra i  principali condannati, come Franco Gratteri e Giovanni Luperi di aver raggiunto posizioni al vertice mentre il processo nei loro confronti era ancora in corso.