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Mandela, un esempio di disobbedienza contro le lobby farmaceutiche

Se allo scadere del ‘900 le case farmaceutiche si tuffarono nel mare di profitti della lotta all’AIDS, da qualche anno la bussola del mercato sembra mirare più a nord. Così la storia si ripete, ma la geografia dei bisogni si evolve e ad essere escluso dalle cure non è solo il Sud del mondo. Se venti anni fa veniva approvato il Ritonavir e le zone più ricche del pianeta detenevano il potere d’acquisto per sedare la peste del ventesimo secolo, da qualche tempo è sempre più ampia la fetta di popolazione esclusa dal progresso scientifico e i pazienti di Epatite C sono la prova più concreta degli effetti catastrofici di un liberismo sfrenato e senza regole.

Oggi il sogno proibito si chiama Sofosbuvir, medicinale che si sta dimostrando sempre più risolutivo nel trattamento dell’Epatite-C e che è stato introdotto ad inizio 2015 in Italia al prezzo esorbitante di circa 41 mila euro a trattamento in regime ospedaliero. Tuttavia la sua erogazione tramite il Servizio Sanitario Nazionale viene garantita solo ad una minoranza dei pazienti, quelli più gravi e chi non rientra nelle categorie dell’AIFA può acquistarlo privatamente, salvi andare in farmacia con un assegno da 74 mila euro. Attualmente è scaduto il contratto e l’AIFA sta portando avanti una nuova negoziazione con Gilead, rientrata già nelle prime settimane dall’immissione in commercio rispetto alle spese di sviluppo del Sovaldi (nome commerciale del Sofosbuvir).

Nonostante l’istituzione di un fondo dedicato ai farmaci anti-HCV nella Legge di Bilancio, in Italia i parametri di accesso e il prezzo di mercato sono attualmente invariati e le uniche alternative sembrano o quella di rassegnarsi all’attesa del proprio turno, rischiando l’aggravamento della condizione, o raggiungere l’India per curarsi a costi stracciati. Eppure, dopo averlo inizialmente rifiutato nel 2015, anche l’ufficio brevetti indiano ha concesso a maggio 2016 il brevetto alla Gilead Sciences sulla componente di base del farmaco frenando così l’iniziativa delle aziende indiane produttrici del biosimilare e danneggiando anche quelle organizzazioni che fanno affidamento proprio sui farmaci generici per portare soccorso sanitario ed assistenza medica nelle zone del mondo in cui il diritto alla cura non è sempre garantito.

Tratti di similitudine si rivedono in quello che può definirsi il primo storico episodio di insubordinazione alle regole del mercato in difesa del diritto alla salute. E’ il 1997, l’AIDS miete ferocemente vittime dai numeri incalcolabili e Nelson Mandela promulga il “Medical Act”, che consente la produzione locale o l’importazione del miracoloso farmaco antiretrovirale come generico in deroga alle norme sui brevetti. L’atto del presidente sudafricano scatena un’azione legale senza precedenti da parte di Big Pharma (sotto la quale si intende considerare le 39 più grandi industrie farmaceutiche) portando al processo di Pretoria. Passano quattro anni, il blocco del Medical Act ha fatto sì che ben 400 mila sudafricani non godessero delle cure, morendo. Big Pharma sotto pressioni internazionali e campagne di boicottaggio è costretta a battere in ritirata per difendere la propria immagine.

Si tratta di una vittoria senza precedenti che trova il suo atto conclusivo qualche mese più tardi nella Dichiarazione di Doha del 2001, che ha introdotto un’interpretazione più flessibile degli accordi TRIPS così da rilasciare licenze obbligatorie in situazioni di “emergenza sanitaria nazionale”.
E come si può non parlare di emergenza nazionale se in Italia l’Epatite C corre ad una velocità di due vittime all’ora?
Cosa frena le autorità dal ricorrere alla licenza obbligatoria se siamo il primo paese europeo per numero di soggetti HCV positivi e mortalità per tumore primitivo del fegato?

Al momento la battaglia comune di giustizia per il diritto alla salute portata avanti da organizzazioni non governative, ordini dei medici e degli infermieri, associazioni di volontariato e sindacati non ha ancora portato i frutti sperati. L’esempio di Mandela ci rimanda alla necessità di uno atto di disobbedienza istituzionale, quando in nome delle logiche di mercato viene sacrificato il bene comune, una presa di posizione in netta controtendenza con le politiche economiche neoliberiste, soprattutto se oggi la ricerca è sempre più vittima di una privatizzazione serrata.
Purtroppo di persone come Albert Sabin che decise di non brevettare la sua invenzione, così da “regalare a tutti i bambini del mondo” il vaccino antipolio, non se ne vedono in giro e chi lotta per il diritto alla salute non può permettersi di stare a guardare.

“Quello che conta nella vita non è il semplice fatto che abbiamo vissuto. È il modo in cui abbiamo fatto la differenza nella vita degli altri a determinare il significato della vita che conduciamo.”

Nelson Rolihlahla Mandela (Mvezo, 18 luglio 1918 – Johannesburg, 5 dicembre 2013)