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Napoli, Provincia: Due boss svelano gli intrighi della faida di camorra

I retroscena delle indagini sulla “guerra” di camorra tra Grumo Nevano, Sant’Antimo e Casandrino e delle ordinanze per gli omicidi Tintore e Spenuso.

Siamo in una zona di confine tra la periferia di Napoli nord e la provincia di Caserta. In tre comuni che nei mesi scorsi hanno visto l’inizio di una “guerra” di camorra che non vede ancora la scritta fine all’orizzonte.

L’ultima operazione è quella, messa a segno due giorni fa, dei carabinieri di Castello di Cisterna che hanno eseguito l’arresto di due persone accusate di aver partecipato “in ruoli minori” agli omicidi di Diana Tintore e Gabriele Spenuso risalenti agli anni 1996 e 2006. Il secondo, esponente di spicco del clan Verde di Sant’Antimo, venne ucciso sulla Nola-Villa Literno mentre rientrava in carcere a Santa Maria Capua Vetere dove si trovava in regime di semilibertà: condannato all’ergastolo per un omicidio commesso nel 1980.

Spenuso fu ucciso mentre era a bordo di  una Y 10. I sicari speronarono l’ utilitaria mentre Spenuso fu costretto a frenare. Si girò, due colpi di lupara in pieno volto, devastanti. Successivamente, fu piazzata una bomba nella sua auto, che però non esplose con i due sicari che si allontanarono. Poco dopo dal carcere di Santa Maria Capua Vetere partì una telefonata per i carabinieri di Castelvolturno, dove Spenuso era detenuto. «Non è rientrato per la notte». I carabinieri trovarono l’ auto speronata lungo l’ asse mediano, si salvarono la vita grazie a una fotoelettrica che illuminava l’ asfalto. Un militare la vide sul sedile dell’ Y 10, scattò l’ allarme .La strada venne chiusa. con pericolo di una esplosione. “Nola-Villa Literno” bloccata per tre ore, il tempo necessario agli artificieri per disinnescare l’ ordigno funzionante che solo per un caso non  esplose. Solo all’alba si riuscì ad avvicinarsi al cadavere.

Due omicidi che, secondo gli investigatori, si inseriscono nella “guerra” scatenatasi tra i vari clan alla fine degli anni 90′ per il controllo delle attività illecite. Ora, secondo quanto riportato dall’edizione odierna di CRONACHE DI NAPOLI, emergono i primi retroscena grazie a due fratelli, Vincenzo (detto Enzuccio l’elettrauto) ed Antonio Marrazzo, al momento collaboratori di giustizia. I due operavano all’interno di un gruppo criminale di Casandrino e facevano un po’ da ago della bilancia per quanto riguarda gli equilibri criminali della zona: ruolo ricoperto grazie ad una serie di cambi di fronte ed alleanze che hanno portato i due ad estendere le proprie influenze sul territorio, come ad esempio le palazzine Ice-Snei a Grumo Nevano, una delle più remunerative piazze di spaccio della zona.

I Marrazzo riescono ad imporsi a Casandrino dopo una faida contro gli uomini di Antonio Silvestre, anche grazie all’appoggio dei Verde di Sant’Antimo ed ad esponenti di Afragola. Proprio in questa faida, secondo gli investigatori, si potrebbe collocare la morte di Diana Tintore:uccisa a via Roma da un commando di 4 persone ( tra i quali gli stessi fratelli Vincenzo ed Antonio Marrazzo): la colpa era di aver appoggiato il clan rivale. Suo fratello era stato ucciso dagli uomini di Vincenzo Marrazzo: per questo la donna era disposta a fare da osservatrice (dal suo negozio di frutta e verdura) dei movimenti del clan Marrazzo per poi riferirli al clan Silvestre.

Tutto questo è stato raccontato dai due fratelli-boss ai magistrati antimafia che hanno così potuto mettere la parola fine ad un omicidio commesso 20 anni fa.

Proprio le dichiarazioni di questi due hanno permesso di disegnare in maniera più completo lo scenario criminale che si è creato di volta in volta  a partire dalla fine degli anni 90′ e di fornire determinati riscontri alle attività investigative.