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Philadelphia 76ers, le virtù del tanking

Dopo aver passato le ultime stagioni nell’occhio del ciclone mediatico per eccesso di tanking, Philly ha cominciato, quest’anno, ad intravedere i succosi frutti del proprio controverso progetto. Un progetto con al centro un uomo: Joel Embiid.

La stagione: 28 vinte-54 perse, penultimo record ad est. Il peggior offensive rating della lega a 103.2, in compenso un defensive rating di 108.9 buono per la diciassettesima miglior difesa Nba con un pace di 98.5, il quinto coefficiente più alto della stagione 2016/2017. Una squadra dall’attacco a dir poco asfittico nonostante il ritmo di gioco abbastanza forsennato ma che ha già mostrato di essere in grado di utilizzare il proprio atletismo per serrare i ranghi di una difesa convincente e con ulteriori margini di miglioramento nel prossimo futuro.

Sam Hinkie. Il più discusso dirigente Nba degli ultimi anni. Un genio, per gli estimatori. Un genio del male, per i detrattori. Artefice del rebuilding dei 76ers, si dimise quando capì che la proprietà stava muovendo in un’altra direzione come dimostrava l’arrivo nel board dirigenziale della vecchia volpe Nba Jerry Colangelo. Pochi giorni dopo le sue dimissioni, Bryan Colangelo, figlio di Jerry, divenne capo delle operazioni cestistiche di Philadelphia.

Il roster: In teoria, questa sezione sarebbe dovuta cominciare da Ben Simmons, la prima chiamata assoluta del draft 2016, purtroppo un infortunio al piede destro (che la terminologia Nba definisce come Jones fracture) lo ha tenuto fuori da tutte le 82 partite di stagione regolare e così parlando di infortuni non possiamo che dedicarci a Joel Embiid: terza chiamata assoluta al draft 2014 (dopo Wiggins e Parker) il lungo camerunese aveva saltato per intero le stagioni agonistiche 2014-2015 e 2015-2016 a causa di due operazioni al piede destro; finalmente la stagione 2016-2017 ha visto Embiid fare il suo esordio sul palcoscenico Nba e disputare le sue prime 31 partite da professionista prima che un problema al menisco del ginocchio (poi operato) ne terminasse anzitempo la stagione. Queste le medie di Embiid nelle summenzionate 31 partite: 25.4 min, 20.2 pts, 7.8 reb, 2.1 ast, 3.8 tov, 2.5 blk tirando il 46.6% dal campo su 13.8 tentativi complessivi, il 36.7% da tre su 3.2 tentativi e il 78.3% dalla lunetta su 7.9(!) tentativi a partita. Ora ripetiamo per 36: 28.7 pts, 11.1 reb, 3.0 ast, 5.4 tov, 3.5 blk, 19.6 tiri dal campo, 4.5 tiri da dietro l’arco dei tre punti e 11.2(!) tiri dalla linea della carità. Salute, sperando ce ne sia abbastanza da fargli giocare almeno 60-65 partite nella prossima stagione; perché questo è il punto: se sta in piedi, domina, e però negli ultimi quattro anni non è mai stato in piedi per più di metà di una stagione e ciò è accaduto a Kansas dove poi i problemi prima alla schiena e poi al ginocchio lo misero a sedere facendogli interrompere in anticipo il suo apprendistato alla corte di Bill Self. Insomma, Embiid ha tutto per ricoprire il ruolo di uomo franchigia: non solo impatta il gioco in maniera impressionante ai due lati del campo (in attacco, un sovra-media 58.4 di TS%; in difesa, un notevole 3.2 di DBPL) ma ha da subito manifestato una totale identificazione con la causa dei 76ers assumendo su di sé, oltre che sogni e speranze, anche l’esplicativo soprannome di The Process mutuando il termine dalla terminologia tipica dell’ex Gm Hinkie, il vero artefice del controverso ma intrigante percorso (process, appunto) con cui Philly spera di issarsi, in pochi anni, dai bassifondi Nba sino al vertice della lega.

Ben Simmons, la point forward. Ben Simmons, il (mega) playmaker. Ben Simmons, la spalla di Embiid. Ben Simmons.

Detto di Embiid e in attesa dell’esordio di Simmons e di ciò che verrà dal draft 2017, va detto che i 76ers hanno messo in mostra alcuni altri buoni pezzi in grado di contribuire, nel giusto ruolo, al futuro della franchigia. Dario Saric: ala forte croata di 22 anni, 81 partite disputate, rookie: 12.8 pts, 6.3 reb, 2.2 ast tirando il 41.1% dal campo, il 31.1% da tre e il 78.2% dalla lunetta in 26.3 minuti di media. Le statistiche di Saric, viste così, sembrano buone ma obiettivamente non eccezionali, in realtà è più giusto dire che, una volta terminata per infortunio la stagione di Embiid, ne è cominciata una differente per il croato: avendo appena iniziato il proprio apprendistato Nba e dovendo vastamente deferire, in termini di possessi ed iniziative, al proprio dominante centro, la stagione di Saric stava languendo tra qualche buona partita e svariate inevitabili frustrazioni ma una volta ottenuto lo scettro di focal point dell’attacco le cose sono andate diversamente come dimostrano le sue medie del mese di marzo: 17 partite, 31.7 min, 18.4 pts, 7.0 reb, 3.4 ast, 0.8 stl tirando il 43.4% dal campo e il 33.3% dalla lunga distanza su 4.9 tentativi a gara. il dubbio, che chi conosce Saric anche per i suoi trascorsi Eurolega e con la nazionale croata avrà già intuito, è che il croato semplicemente necessiti di avere molto la palla nelle mani per essere creativo e dunque, nel suo caso, anche produttivo, il che nella squadra di Embiid ma soprattutto di una point forward come promette di essere Simmons sembra essere alquanto difficile. Da un’ala all’altra, Rob Covington: 67 partite giocate, 31.6 minuti di media, 12.9 pts, 6.5 reb, 1.5 ast, 1.9 stl, 1.0 blk tirando col 39.9% dal campo e il 33.3% dalla lunga distanza su 6.1 tentativi a gara; un attaccante mediocre, un tiratore discreto ma di volume e molto streaky, in compenso il miglior difensore sulla palla della squadra e un bel difensore Nba in assoluto, sotto contratto alla ridicola cifra di 1 milione di dollari per la stagione 2017-2018, cifra destinata ad incrementare di parecchio al prossimo contratto firmato da Mr Covington. Da un difensore già forte ad uno che forte potrebbe diventarlo: Timothe Luwawu-Cabarrot. Swingman dalle notevoli doti atletiche, ha visto il proprio utilizzo nettamente aumentato negli ultimi due mesi di stagione regolare, con queste medie: post all-star game, 26 partite giocate, 26.8 minuti di media, 11.0 pts, 3.4 reb, 1.6 ast, 0.8 stl tirando col 40.6% dal campo e il 31.0% da tre su 4.5 tentativi a gara; discrete, se non buone, statistiche per una guardia-ala piccola rookie di circa 2 metri di cui a Philly si dice un gran bene, convinti di farne un prototipico 3-and-D player. Dallo swingman al playmaker, T.J. McConnell: per 36 min, 4.2 reb, 9.0 ast (a fronte di appena 2.7 perse a gara, per una notevole Ast/To ratio di 3.36), 2.3 stl e 9.4 pts; come si vede, un giocatore estremamente limitato a livello offensivo e praticamente privo di jumper dalla media e dalla lunga distanza però aggressivo in difesa e produttivo quanto a capacità di coinvolgere efficacemente i compagni di squadra, insomma un buon cambio Nba, in attesa di trovare il titolare del ruolo- magari al draft.

Saric (9), Covington (33) e Luwawu-Cabarrot (20).

Il draft: Dunque ai 76ers serve un play e questo draft ne avrà, tra le prime 10 chiamate assolute, almeno 4 se non 5. Posto che Fultz e Ball paiono, a giudizio di quasi tutti, destinati ad essere la numero 1 e la numero 2, Philly– detentrice, grazie all’imperizia dei Kings, della terza scelta- potrà, come minimo, scegliere chi tra De’Aaron Fox e Dennis Smith Jr. rappresenta la migliora assicurazione sul presente ma soprattutto sul futuro della franchigia. Scegliessero Fox, si affiderebbero ad un play velocissimo, con una indubbia visione di gioco, un gran floater dal centro area e grandi istinti difensivi ma attualmente lacunoso al tiro dalla lunga e comunque discontinuo in generale col suo jump-shot; scegliessero Smith, invece, prenderebbero l’atleta forse più esplosivo dell’intera lotteria, un realizzatore di sicuro impatto, un buon distributore ed un giocatore con significativo potenziale difensivo, reduce però, statistiche personali a parte, da una mediocre stagione a North Carolina State. Peraltro, non è neanche sicuro che i 76ers sentano così impellente la necessità di prendere una lead-guard il prossimo giugno, dato che pare possibile se non addirittura probabile che i galloni di playmaker titolare vengano passati a Ben Simmons sperimentando così un mega quintetto con un mega, fisicamente parlando, playmaker; un mega quintetto in cui potrebbe trovare spazio un grande atleta (e gran difensore) come l’ala di Kansas Josh Jackson oppure un gran realizzatore come l’ala di Duke Jason Tatum. Oltre alla numero 3, Philadelphia detiene ben quattro chiamate al secondo giro (36, 39, 46, 50). Troppo difficile fare previsioni in materia, più utile segnalare come una second-rounder del 2015 (più precisamente la numero 37 di quel draft) abbia rappresentato, per Phila, una delle più inaspettate e interessanti storie dell’ultimo scorcio di stagione: Richaun Holmes. Mercé l’infortunio di Embiid, la cessione del depresso Noel e la latitanza di Jahil Okafor, ad un certo punto l’ala-centro Holmes si è ritrovata in quintetto ed ha lasciato giù queste medie: post all-star game, 26 partite giocate, 26.9 minuti di media, 13.6 pts, 6.9 reb, 1.3 ast, 1.0 stl, 1.2 blk tirando il 58.1%(!) dal campo, il 34.5% da tre su 2.1 tentativi con una EFG% di 61.9 ed un TS% di 64.1(!!). Diciamo che, statistiche alla mano, una rotazione di centri Embiid/Holmes pare un possibile futuro incubo di tutti i lunghi della eastern conference. Altro colpo del vecchio gestore, Sammy Hinkie.

Josh Jackson can jump. Yeah, he can really jump.

La free-agency: Nomi accostati in questi giorni ai 76ers come potenziali obiettivi di mercato: Kyle Lowry e J.J. Redick. La ratio è chiaro: veterani con punti nelle mani e doti al contempo balistiche e di leadership; lo spazio salariale, del resto, non manca. Dipenderà però molto da chi sarà il giocatore scelto la notte del draft, difatti venisse scelto uno tra Fox e Smith non avrebbe più alcun senso inseguire un giocatore come Lowry. Vedremo quali scelte opereranno in materia il capo delle operazioni cestistiche Bryan Colangelo e suo padre Jerry, super consulente della proprietà. Resta il fatto che potrebbe essere una buona idea, invece, quella di non far niente per un altro anno e lasciare minuti e responsabilità crescenti agli youngsters già in squadra più quelli che arriveranno tramite il draft.

Bryan Colangelo ad un casting per la nuova stagione di ‘Beautiful’.

Final outlook: Tra i giocatori già in squadra, l’imminente draft, gli ulteriori asset accumulati per il futuro ed un’ondata mediatica finalmente favorevole, parrebbe esserci tutto per un futuro ricco di soddisfazioni in casa 76ers. Parrebbe. Perché poi alla fine (quasi) tutto dipenderà dalle ossa dei piedi di Embiid e Simmons. Se quelle reggono, sky’s the limit.

Brett Brown sorride alla notizia di Bryan Colangelo attore in ‘Beautiful’.