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Portella della Ginestra, Grasso: “Strage politica, fuori le carte dagli archivi”

A 70 anni dalla strage dei lavoratori, il presidente del Senato chiede che siano resi pubblici tutti i documenti sull’eccidio non ancora accessibili.

Il prossimo 1° maggio saranno passati 70 anni dalla terribile strage di Portella della Ginestra, nell’entroterra palermitano. Un massacro di lavoratori nel giorno della Festa del Lavoratori.

In quasi duemila tra contadini e braccianti, con famiglie, e esponenti sindacali si erano riuniti a Portella della Ginestra per celebrare la festa dei lavoratori. Ma dal monte Pelavet partirono alcune raffiche di mitra sulla folla. Nel giro di pochi minuti la strage era compiuta. Undici vittime: nove adulti e due bambini. Ventisette feriti, alcuni dei quali morirono in seguito. Dopo quattro mesi il bandito separatista Salvatore Giuliano fu identificato come mandante e esecutore, con i suoi uomini, della strage.

Ciò nonostante la verità su quanto accadde quel 1 maggio del 1947 non è mai stata affermata con certezza. Tanti, troppi i punti oscuri, a partire dal movente e dai reali mandati dell’eccidio. La questione è: vi fu o no una finalità politica e/o terroristica?

A riguardo gran valore assumono le parole del Presidente del Senato, Pietro Grasso, intervenuto la scorsa settimana al convegno organizzato dall’istituto Gramsci siciliano e dall’associazione Portella della Ginestra.

“Portella fu essenzialmente una strage politica. La prima strage di civili della storia repubblicana”

Ha dichiarato dinanzi a storici e studiosi. Aggiungendo poi che “la strage non fu un fatto isolato, è stato il primo atto di una scia di omicidi”. Le aggressioni ai sindacalisti, infatti, proseguirono per anni.

Ma il Presidente del Senato ha anche riconosciuto che la verità sulla strage di Portella della Ginestra

“non è stata ancora raggiunta, specialmente su chi quella strage ha ordinato.”

Il particolare contesto sociopolitico siciliano, in cui si inserisce il massacro, parla chiaro. E per Grasso

“dietro il massacro vi furono forze sociali, politiche e mafiose che spingevano per la conservazione di un certo ordine socio-politico, che è quello dove la mafia affonda le sue origini.”

Molte le domande che attendono risposte convincenti, in grado di fare luce su quelle morti atroci. Nella strage di Portella della Ginestra non mancano misteri e i tentativi di depistaggio, che ancora celano la verità. Esiste tutta una documentazione sull’accaduto non rinvenuta, quasi tenuta nascosta. Mancano le carte 1944-1949 dell’ispettorato di polizia, mai versate all’archivio di Stato e ancora nei sotterranei della questura di Palermo. Mancano tutti i rilievi di polizia, e la storia e i legami della banda di Giuliano. Mancano gli interrogatori di Gaspare Pisciotta, braccio destro di Salvatore Giuliano, e i confronti tra Pisciotta e Giuseppe Sciortino, il cognato del bandito. Nei quali, secondo gli atti del processo, emergerebbero i riferimenti ad una trattativa tra Stato e Mafia. La conoscenza di tali atti è indispensabile a ricostruire il contesto e le modalità della strage.

E in tale direzione va l’appello del Presidente del Senato, ad aprire tutti gli archivi. La seconda carica dello Stato ha però fatto sapere che vi è una direttiva della Presidenza del Consiglio sulla rimozione del segreto di Stato. E inoltre, che la Commissione parlamentare antimafia ha deliberato la pubblicazione degli atti acquisiti a partire dal 1998.

“Le famiglie e le vittime hanno diritto ad avere giustizia. Abbiamo il dovere di ricordare, di fare memoria, di fare piena luce sulla prima pagina buia dell’Italia repubblicana”.

Ha concluso il Presidente del Senato.