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Virginia Raggi era eleggibile, respinto il ricorso di Monello

Il tribunale civile di Roma respinge il ricorso presentato dall’avvocato Venerando Monello (iscritto al PD e vicino alla senatrice Monica Cirinnà) che chiedeva l’ineleggibilità di Virginia Raggi e la nullità del codice di comportamento, il contratto firmato dagli eletti del M5S con la famosa penale da 150 mila euro.

L’avvocato chiedeva l’ineleggibilità della Raggi proprio a causa della sottoscrizione dell’ormai famigerato “codice” che violerebbe diversi articoli della Carta Costituzionale, tra cui l’articolo 67 che prevede l’assenza del vincolo di mandato. Inoltre Monello chiedeva alla corte di dichiarare la nullità di suddetto accordo.

La sentenza respinge le richieste, ma per due motivi diversi: nel primo caso un’eventuale violazione della Costituzione da parte dell’accordo tra la Raggi e il Movimento non rientrano tra i casi di ineleggibilità previste dalla legge. Sul secondo punto i giudici non entrano nel merito della questione perché l’avvocato Monello “è estraneo al M5s e non sottoscrittore dell’accordo” e quindi non aveva interesse a chiedere la nullità del contratto.

Virginia Raggi sul blog di Beppe Grillo dopo la sentenza scrive: “Tanto rumore per nulla. Dopo la batosta elettorale a Roma, il Pd ne subisce un’altra in Tribunale. Il giudice non ha accolto la richiesta con la quale i dem cercavano di ribaltare il risultato delle urne che ha visto il M5S vincere. Speravano di rendere nulla la nostra vittoria, paragonando la stipula del Codice di comportamento del M5S ad un accordo di una associazione segreta. Non sanno più cosa inventare”.

L’avvocato Venerando Monello è stato anche condannato a pagare le spese processuali, 12 mila euro, alle varie parti. Dopo la sentenza ha dichiarato: “Ordinanza eccessivamente formalistica, un’occasione perduta per fare chiarezza. Il tribunale avrebbe potuto dichiarare la nullità del contratto e rinviare le carte alla Consulta, ma ha deciso di non decidere.”

Resta, quindi, ancora aperta la questione legittimità del famigerato “codice di comportamento”. Questione che si potrà chiudere solo quando una delle parti in causa (realisticamente uno degli eletti del movimento) sottoporrà la questione ad un tribunale.