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Basket Nba, i nuovi New Orleans Pelicans 2018/2019 in 5 punti

Il regno del CIGLIONE è qui

1) ANTHONY DAVIS. L’uomo franchigia, perno e totem dei New Orleans Pelicans. 75 partite di regular season con queste medie: 28 punti, 11 rimbalzi, quasi 2.5 assist, 1.5 palle recuperate e 2.5 stoppate a partita tirando il 53,4% dal campo su 20 tiri tentati di media a partita e l’82,8% dalla lunetta su 8 tiri liberi tentati (e 6.6 realizzati). Nelle nove partite di playoffs della primavera 2018: 30 punti e 13.5 rimbalzi di media, 1.7 assist, 2 palle recuperate e 2.3 stoppate a partita tirando il 52% dal campo su quasi 23(!) tiri tentati in 40 tondi minuti di impiego medio.

E ci sarebbe pure, a 25 anni compiuti lo scorso marzo, qualcosa su cui ancora lavorare per diventare del tutto incontenibile: 3-point shot, sia per quanto riguarda il volume di tiri presi che per quanto concerne la percentuale di realizzazione del tiro in questione. Complessivamente, nella stagione 2017/2018, poco più di mezza tripla a bersaglio su un po’ meno di due triple e mezzo tentate a partita. Non dovrebbe essere così difficile per un giocatore del suo talento migliorare almeno di un po’ sia la quantità che la qualità del proprio repertorio balistico perimetrale.

2) Rondo out, Payton in. Qui è dove la stagione prossima dei New Orleans Pelicans potrebbe andare a sbattere con una discreta violenza. In superficie, le statistiche di Rondo e Payton sembrano tendenzialmente simili ed è noto trattarsi di due point guards conosciute sia per la riluttanza che per la scarsa efficacia del proprio tiro perimetrale oltre che per modalità di approccio difensivo definibili come…’randomiche’ nel senso che entrambi tendono più a fare del libero roaming in giro per il perimetro che a preoccuparsi di eseguire correttamente lo schema difensivo predisposto dallo staff tecnico.

In linea di massima, Rondo passa meglio la palla ed è più complessivamente incisivo come floor general mentre Payton, anche data la ben più verde età, è sicuramente più esplosivo e dinamico nell’attaccare il ferro e chiudere nel traffico sotto canestro. Il punto è che, per quanto controverso possa essere il suo stile e pure il suo carattere, Rondo conosce più e meglio i trucchi del mestiere ed in particolare come evitare, almeno in parte, che le sue deficienze balistiche abbiano un effetto gravitazionalmente negativo sul flow offensivo della propria squadra. In più, playoffsRondo cioè la versione che Rondo mostra di sé una volta approdato alla postseason è difficile da spiegare razionalmente: due anni fa, prima di farsi male, stava mettendo da solo in ginocchio i Celtics nel primo turno e l’anno scorso coi Pelicans è stato il più prolifico assistman dei playoffs a 12.2 di media, si è improvvisamente scoperto stopper difensivo sia su McCollum che su Lillard nello sweep inflitto da New Orleans a Portland e con lui in campo i Pelicans hanno battuto gli avversari di 6.9 punti di scarto per 100 possessi. Adesso è un Laker.

3) Boogie out, Randle in. E qui, ai New Orleans Pelicans, potrebbe pure essere andata ragionevolmente bene date le circostanze. Le circostanze essendo che Boogie Cousins si è severamente infortunato nel corso della scorsa stagione e, prima di accasarsi per pochi soldini (pochi in ottica Nba, si intende) coi Warriors al fine dichiarato di ‘have fun and put a ring on it’ era alla ricerca di un contratto più lungo e soprattutto ben più sostanzioso. Data la situazione salariale dei Pelicans oberati, in particolare, dai fallimentari contratti di Solomon Hill e Alexis Ajinca, la decisione di non legarsi a lungo termine a Cousins ed investire invece su di giocatore come Julius Randle la propria mid-level-exception pare molto sensata.

Randle è un’ala forte/small-ball-center di educata mano sinistra, buon atletismo ed indubbie doti di playmaking secondario. Al suo meglio in transizione, meno a difesa schierata dove il suo non esistente tiro dalla lunga distanza e la sua eccessiva tendenza ad abbassare la testa ed abbattere avversari come birilli può renderlo vulnerabile nel senso di caotico e confusionario. Naturalmente, la sua intesa con Mirotic e soprattutto Davis, definirà almeno in parte il suo successo.

4) Il fattore Jrue. Una stagione spettacolare. Non solo un perfetto secondo violino in attacco ma probabilmente la più consistente combo guard difensiva dell’intera lega nella stagione 2017/2018, playoffs inclusi. 19 punti, 4.5 rimbalzi e 6 assist a partita sfiorando il 50% dal campo in stagione regolare. 23.7 punti, 5.7 rimbalzi e 6.3 assist a partita nei playoffs tirando il 52% su 19 tentativi dal campo ed il 32% da 3 punti con quasi 2 triple a bersaglio su 5 triple e mezzo tentate a partita (per la precisione, 1.8 realizzate su 5.6 tentate). 28 anni compiuti a giugno, la speranza dei New Orleans Pelicans è che alla miglior stagione in carriera di Jrue Holiday possa seguire nell’imminente stagione 2018/2019 una campagna di livello ancora superiore, magari di poco. Senza la leadership e la regia di Rondo, sarà infatti fondamentale per i New Orleans Pelicans la capacità di Holiday di mantenere la medesima produttività ai due lati del campo pur in un contesto in cui gli saranno presumibilmente assegnate maggiori responsabilità a livello di playmaking puro.

Depth chart: Holiday, Moore, Hill, Mirotic, Davis; bench: Payton, Clark, Miller, Randle; + Diallo, Jackson, Okafor (Jahlil, Emeka).

5) Trade proposal: New Orleans Pelicans scambiano i lunghi Ajinca e Diallo in cambio di Kyle Korver. I Pelicans arricchiscono il proprio arsenale perimetrale con un Korver, ancorché 37enne, ancora in grado di tirare come uno dei migliori cecchini puri della lega. I Cavs si liberano della parziale garanzia di Korver relativa al salario 2019/2020 (3.4 milioni garantiti sui 7.5 complessivi) e nel sincero disinteresse per Ajinca (a fine anno libero di tornare in Europa) danno un prolungato ed attento sguardo all’ala forte ventiduenne Cheick Diallo.

Si può fare?