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Ferragni sponsor dell’Arte italiana? Ma anche no!

Si può non correre plaudenti verso i nuovi modelli creati dai social? Ci proviamo.  Chiara Ferragni è una delle influencer più seguite al mondo, con milioni di followers ed un giro d’affari di milioni di euro. Qualche giorno fa ha deciso, non si sa se per “interesse” culturale o di altra natura, di concedersi un tour  al prestigioso museo degli Uffizi a Firenze (prima ancora era stata ai Musei Vaticani). Non solo una visita, quella della Ferragni accompagnata dal direttore Eike Schmidt. Ma anche uno shooting fotografico, con la bella Chiara in posa davanti alla venere botticelliana ed altri capolavori cinquecenteschi, foto che hanno destato non poche polemiche.

 

Polemiche amplificate dagli stessi Uffizi che dalla pagina ufficiale così descrivono l’inconsueta visita ”…I canoni estetici cambiano nel corso dei secoli. L’ideale femminile della donna con i capelli biondi e la pelle diafana è un tipico ideale in voga nel Rinascimento. Magistralmente espresso alla fine del ‘400 da #SandroBotticelli nella Nascita di #Venere attraverso il volto probabilmente identificato, con quello della bellissima Simonetta Vespucci, sua contemporanea”.

 

Fioccano le polemiche, molte discutibili, altre molto più ragionevoli e condivisibili. Come quella di Tommaso Montanari, prestigioso storico dell’arte, accademico e saggista, che tenta di spiegare come questa operazione abbia ridotto Botticelli ad un tormentone social.  “Il problema non è Chiara Ferragni, – spiega Montanari –  il problema sono gli Uffizi. L’influencer di Cremona fa il suo mestiere, e lo fa anche assai bene. Ma la domanda è: è giusto, sensato, saggio, che la Galleria degli Uffizi metta tutta la sua arte e la sua storia al servizio della Ferragni?”

 

Spesso i beni culturali sono oggetto di becere sponsorizzazioni, utilizzazioni improprie, mercificazioni discutibili. Si potrebbero citare centinaia di casi, ma anche qualcuno virtuoso, come quello accaduto 3 anni fa in Grecia. Dove furono rifiutati 2 milioni di euro offerti da Gucci per una sfilata sullo sfondo dell’Acropoli.

 

E che cosa avrebbe detto, scritto, pensato, Walter Benjamin, autore de “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”,  della Ferragni riprodotta davanti ad un dipinto di Botticelli? Avrebbe detto che con questa oprazione quell’opera è stata svalutata, svilita dalla sua riproduzione meccanica e massiva. O forse no. Anche Benjamin si sarebbe adeguato ai tempi come tanti?