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Gino De Dominicis – L’artista del tempo e dell’immortalità in mostra a “Ytalia. Energia Pensiero Bellezza”

"Ytalia. Energia Pensiero Bellezza": una bellissima mostra d'arte contemporanea nella culla del Rinascimento, Firenze. Protagonista indiscusso è stato Gino De Dominicis, l'artista del tempo e dell'immortalità, l'artista che ha scandalizzato e rivoluzionato il modo di fare arte, sottraendo la sua opera alla fotografia e alla pubblicità. Centrale è la sua "Calamita cosmica", scheletro umanoide dal becco di uccello con un'asta dorata posta sulla falange della mano destra simbolo della scansione temporale; il tempo che fugge, il tempo che rende comunque immortale.

“Ytalia. Energia Pensiero Bellezza”

Il 2 giugno ha avuto inizio la grande mostra d’arte contemporanea intitolata “YTALIA. Energia Pensiero Bellezza”, promossa dal Comune di Firenze, organizzata da MUS.E. e avente come sede principale il Forte di Belvedere, anche se altre importanti sedi museali cittadine fungono da scenario unico per le opere, tra cui le Gallerie degli Uffizi, Palazzo Vecchio, Palazzo Pitti, il Giardino di Boboli, la basilica di Santa Croce, il Museo Novecento ed il Museo Marino Marini.

Gli artisti presentati sono Giovanni Anselmo, Marco Bagnoli, Domenico Bianchi, Alighiero Boetti, Gino De Dominicis, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Nunzio, Mimmo Paladino, Giulio Paolini e Remo Salvadori.

Si tratta di una vera e propria “invasione” nella città del Rinascimento che mira a riportare all’attenzione del grande pubblico internazionale l’arte contemporanea italiana e le personalità uniche degli artisti.
La mostra è stata ideata e curata da Sergio Risaliti e ha avuto termine il 1 Ottobre 2017.

Gino De Dominicis – L’artista del tempo e dell’immortalità

Grande attenzione è stata posta soprattutto sulle opere di Gino De Dominicis, l’artista del tempo e dell’immortalità, protagonista indiscusso del mondo artistico del secondo dopoguerra; colui che ha più scandalizzato con le sue innovazioni nel modo di fare arte, spesso non capito dai più.

Un pittore è come un prestigiatore che con i suoi giochi deve riuscire a sorprendere se stesso. In questo sta la complessità.

Qualche anno prima che la morte lo cogliesse il 29 novembre 1998, così diceva spiegando se stesso e il suo fare arte.

Un manifesto mortuario come prima opera

Cominciò a sorprendere già a 22 anni quando tenne la sua prima personale esposizione a Roma alla Galleria “L’Attico” di Fabio Sargentini, presentandosi con un manifesto mortuario con il suo nome. La morte, l’immortalità, lo scorrere del tempo, la verifica dell’esistenza umana sono i temi che avrebbe rincorso tutta la vita.

Il manifesto riportava il seguente testo:

Gino De Dominicis è nato nel 1947 ma non esiste veramente essendo soltanto uno strumento della natura che verifica attraverso di lui alcune possibilità.

Per tutti gli anni settanta si è impegnato a sfidare la natura, di rendere il visibile invisibile e l’invisibile visibile. Risalgono al 1969 opere come “L’asta in bilico”, in cui un’asta dorata resta in bilico su una punta sottilissima, e “Palla di gomma (caduta da due metri) nell’attimo immediatamente precedente il rimbalzo” caratterizzata esattamente da una palla semplicemente appoggiata a terra.

Gli Oggetti invisibili

Dello stesso anno sono anche gli oggetti invisibili, il “Cubo” e il “Cilindro”, opere caratterizzate dai perimetri delle figure geometriche suddette, tracciati sul pavimento e De Dominicis le spiegava così:

Se si riuscisse a creare una illusione di presenza di oggetto a tal punto che nessun oggetto-persona attraversi o risieda in quello spazio, si sarebbe creato uno spazio dove nessuno si è mosso o ha risieduto e quindi automaticamente non sarebbe più spazio ma oggetto.

Per tutte le sue opere, al di là di ciò che potrebbe sembrare, De Dominicis rifiuta la smaterializzazione dell’oggetto d’arte e invece di ridurre il tutto a idea, le dà forma e ironicamente dice:

Il termine ‘arte concettuale’, di origine americana, in Italia è molto piaciuto forse perché ricorda nomi di persona molto diffusi come Concetta, Concezione, Concettina, ecc…; e viene di continuo usato stupidamente per etichettare tutto ciò che in arte non è immediatamente riconoscibile.

Un esempio del suo pensiero ci è dato con l’esposizione di “Mozzarella in carrozza” (1970), in cui una vera carrozza ospita al suo interno sul sedile posteriore una vera mozzarella portando il nome di un piatto della cucina italiana a prendere la vera forma delle parole che lo compongono.

Poi espone “Lo Zodiaco”: all’interno della galleria i dodici segni zodiacali si materializzano, così il segno del toro è rappresentato da un toro vivo, quelle del leone da un vero leone in gabbia, quello dei pesci da due pesci morti appoggiati sul pavimento, quello della vergine da una giovane ragazza, e così via.

E poi lo scandalo…

Invitato ad esporre nella sezione “Opere e comportamento” alla 36° Biennale di Venezia del 1972, decide di presentare “Seconda soluzione di immortalità (l’universo è immobile)”, un’opera composta da tre dei suoi lavori già precedentemente presentati al pubblico: il “Cubo invisibile”, “Palla di gomma (caduta da 2 metri) nell’attimo immediatamente precedente il rimbalzo” e una pietra, dal titolo “Attesa di un casuale movimento molecolare generale in una sola direzione, tale da generare un movimento spontaneo della pietra”.

Ma l’opera, così, non è completa… La colloca davanti a Paolo Rosa, “el Pinin”, un ragazzo veneziano affetto da sindrome di down che, seduto nell’angolo della sala, li osserva dal proprio punto di vista interno all’opera stessa e opposto a quello degli spettatori. L’allestimento è visibile solamente la mattina dell’inaugurazione, scatenando da subito polemiche e censure; la creazione di De Dominicis è completamente svuotata di senso e ridotta a sterile provocazione.

Il Vaticano la giudica un’offesa alla dignità del ragazzo; parte del mondo artistico parla di un deplorevole incidente. L’artista e il suo assistente sono denunciati alla Procura della Repubblica di Venezia per “sottrazione d’incapace alla patria potestà” e solo nell’Aprile del 1973 vengono assolti perché “il fatto non sussiste”.

“Seconda soluzione di immortalità” venne fraintesa, distorta, travisata. Paolo Rosa, il “diverso”, non avendo ricordi, memoria, né percezione del futuro è, ovviamente per paradosso, immortale; è lui la soluzione di immortalità. Lo spettatore è invitato ad assumere la prospettiva di Paolo: solo così La palla, il sasso, il cubo possono passare dall’essere verifiche all’essere cose esistenti.

Dal quel momento, saranno in tanti ad etichettarlo come “l’artista che ha esposto il mongoloide”; sarà Eugenio Montale, in occasione del discorso di ringraziamento per l’assegnazione del premio Nobel per la letteratura del 1975, a difenderlo pubblicamente.

La sua irriverenza artistica non si placa

Gino De Dominicis non ferma la sua creatività e continua a rompere gli schemi dell’omologazione artistica, inaugurando alla galleria De Domizio di Pescara una mostra il cui ingresso è riservato ai soli animali, mentre nel 1977 alla galleria Pio Monti di Roma è protagonista di una mostra che sarà ripetuta identica a distanza di un anno esatto nello stesso spazio, a voler dimostrare la capacità dell’arte di sottrarsi al passaggio del tempo.

Il disegno, la pittura e la scultura degli ultimi anni

I lavori degli ultimi anni sono quasi esclusivamente realizzati con tecniche tradizionali come tempera e matita su tavola o su tela. Dimostra di essere anche un grande pittore, basta considerare opere come “In principio era l’immagine”, in collezione al MoMA di New York e “Auronia D.D. a 99 anni in 99 luoghi”, esposta alla Biennale di Venezia del 1997. Difende la sua arte impedendo qualsiasi tipo di documentazione e riproduzione fotografica, così affermando:

le mie opere spesso si sono rifiutate di partecipare alla grandi mostre

e della fotografia diceva:

Non crea. Riproduce o interpreta l’esistente.

Anche quando dipinge De Dominicis continua la sua analisi sul tempo e sull’immortalità che sta all’origine di tutto il suo pensiero.

La calamita cosmica: lo scheletro umanoide con il becco da uccello

L’opera di De Dominicis al centro della mostra fiorentina “Ytalia. Energia Pensiero Bellezza” è la “Calamita cosmica”, una scultura in vetroresina, ferro e polistirolo rappresentante uno scheletro monumentale dalle fattezze antropomorfe con un becco da uccello che spicca al centro del viso al posto del naso. Fu presentata per la prima volta al pubblico nel 1990, in occasione di una mostra antologica di De Dominicis presso il “Centre National d’arte Contemporain” a Grenoble.

L’artista fece collocare l’enorme scheletro in una sala isolata dello spazio espositivo, in modo tale che gli spettatori non potessero vedere l’opera da vicino, ma solo da un punto di osservazione unico, predefinito dallo stesso artista e posto dietro al cranio dello scheletro. Attualmente, dopo essere stato esposto in tantissime città europee, lo scheletrone (16,5×24 metri) si trova nella Chiesa della Santissima Trinità in Annunziata a Foligno.

Il significato

Il nome deriva dall’esistenza di un legame tra lo scheletro umanoide, creato segretamente attorno al 1988 e il mondo cosmico attraverso un’asta dorata (simboleggiante una calamita o un gnomone) che scandisce il tempo originario restando in bilico sulla falange della mano destra della scultura colossale. Il naso a becco d’uccello rende l’opera qualcosa di non umano, oltre alle dimensioni impressionanti.
Ciò stimola in chi lo guarda un senso di inferiorità, di piccolezza, di devozione nei confronti del sovrumano. Da sempre affascinato e sedotto dal mistero cosmico, dal rapporto problematico tra la vita e la morte, dal tema della creazione, De Dominicis fu definito

egli stesso un’opera d’arte senza fine, originaria e carica di segreto

dal pittore tedesco Anselm Kiefer .

Molti aspetti della vita artistica e personale di Gino De Dominicis rimangono ancora avvolti nel mistero, ciononostante la sua “Calamita cosmica” è oggi considerata uno dei capolavori del XX.

Una ricerca continua dell’immortalità

Anche con le opere degli ultimi porta avanti i temi filosofici di sempre e si ispira ai miti di Urvasi e di Gilgamesh.
Come quest’ultimo va alla ricerca dell’immortalità e alla fine del suo lungo e tormentoso viaggio, capisce di aver trovato la risposta a tanto errare davanti alla grandezza della mura della sua stessa città, così De Dominicis è morto con la consapevolezza che per andare avanti si sarebbe potuto solo voltare indietro, perché come afferma in un suo scritto:

Oggi, tra i tanti ‘rovesciamenti’, si perpetua anche nell’arte una percezione del tempo rovesciata; l’arte e gli artisti contemporanei infatti si considerano e sono considerati moderni, mentre venendo dopo tutto ciò che li precede dovrebbero sapere di essere più antichi. […] Io sono sicuramente più antico di un artista egiziano.

Più di tutti i moderni, Gino De Dominicis riesce a collocarsi, mediante l’arte, in un dominio carismatico che è dentro e al di là del linguaggio; se trasportassimo con una macchina del tempo le sue opere in altre epoche e in altri luoghi, queste, nonostante la loro impassibile contemporaneità, non perderebbero nulla della loro capacità evocativa.