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Terror Haze racconta “Carcerato”, il nuovo album: L’intervista

Il rapper campano e l’espressione artistica come risurrezione

L’ultimo incontro con Terror Haze (aka Ugo Buonfiore) rapper napoletano, risale a circa 7 mesi fa in occasione di un’intervista sul suo ultimo lavoro “Nessuna Ricompensa”. In quella sede si parlò del disco appena uscito, della grande crescita artistica avuta nel corso degli anni e del “boost” sonoro ottenuto con una grande produzione capace di incanalare l’ampio background musicale di Terror.
Ci ritroviamo ora, dopo l’uscita di un nuovo lavoro, “Carcerato” (Uscito il 6 dicembre 2018 in tutti gli stores e le piattaforme streaming audio digitali).

Per descriverlo in due righe mi viene in mente un’analogia cinematografica, il film “A trenta secondi dalla fine”. Per farla breve, un treno in corsa senza conducente e senza freni.
Un lavoro diverso dal precedente, più istintivo, crudo e diretto.
Ma lasciamo che sia l’autore a parlarcene.

Carcerato. Partiamo dal titolo: come è nato questo nuovo lavoro e quali erano le esigenze espressive rispetto a “Nessuna Ricompensa”?

Fortunatamente avevo terminato le registrazioni di 6 tracce sulle 10 totali del disco, pochi mesi prima del mio arresto da parte della polizia avvenuto la mattina del 28 luglio scorso, a 10 anni esatti di distanza dalla prima volta.
Per farla breve le altre quattro tracce le avevo da parte e le registrai nel 2015 insieme a quelle dell’album Nessuna ricompensa, decisi di tenerle fuori e di riutilizzarle in futuro.
Essendo testi ancora attuali, bene con le altre canzoni ed il concept del disco in generale, quindi ho deciso di unirle alle nuove per fare uscire subito l’album.

L’unico modo che avevo per raccontare, per sfogare, per dire la verità che mi era rimasto riguardo i miei ultimi due anni di vita relativi al rapporto oserei dire “paranormale” e a tratti cinematograficamente non lontano da una qualsiasi pellicola dove realtà e finzione si mescolano al punto tale da farti diventare pazzo se non riesci a distinguere più il bene dal male, ma purtroppo o per fortuna è quello che mi è accaduto!
Dunque sentivo un’esigenza vitale di lanciare questo ennesimo messaggio, prova di esistenza o anche una sorta di testamento più viscerale rispetto al precedente “Nessuna ricompensa” dove lo stesso ho parlato di me, della mia vita e del mio passato, ma erano mostri che avevo col tempo esorcizzato grazie alla musica, qui invece si trattava di sopravvivenza, “mors tua vita mea”.

Spiegaci meglio come sono andate le cose.

Ora sono ai domiciliari con tanto di bracciale elettronico alla caviglia e telefono gps installato nella mia camera per il controllo satellitare anti evasione (manco fossi un omicida o un killer seriale) e sto scontando una pena di 2 anni e 10 mesi per una serie di accuse e denunce infamanti fattemi da due persone che reputarle tali sarebbe un’offesa al genere umano, nonostante questo, ho deciso così di dire comunque la mia, anche contro un sistema giudiziario fasullo, perché credetemi la legge non è davvero uguale per tutti, e spesso chi dice di essere vittima non è altro che il carnefice in questa società.

Sono stato discriminato e giudicato per quello che in realtà non sono. In aula il pubblico ministero, una donna ampollosa e gretta, senza nemmeno conoscermi realmente, senza tener conto delle prove a mio favore , tantissime ed evidentissime prove, senza tener conto della mia attività musicale insomma di chi io fossi, dimenticandosi di avere di fronte un essere umano anche, mi ha giudicato uno senza cultura, un rozzo elemento, parassita della società insomma chi più ne ha più ne metta, tutto questo perché ho dato fastidio, a quella che fino a poche ore prima del mio arresto era la mia ragazza, la mia compagna da quasi due anni.
E’stata lei stessa a denunciarmi semplicemente per la sua instabilità mentale ed emotiva, per la sua immaturità e mi duole dirlo sconfinata e crudele cattiveria gratuita anche nei confronti di chi come me ha tentato di aiutarla e di farla splendere e maturare anziché trasformare ancora di più in un mostro selvaggio senza coscienza ne dignità di se.

Con chi hai lavorato in studio questa volta e quali sono state le scelte musicali? Si ha la sensazione che in questo caso bastasse semplicemente un beat per lasciare spazio al messaggio, senza particolari arrangiamenti.

Per quanto riguarda i beat usati sono stati prodotti dal solito duo di beatmaker che mi ha affiancato nel precedente album i “Black Hash” composto da Vittorio Improta aka Theaviator prod. aka Barone rosso e Luciano Romano aka Pain (noti beatmaker e rapper del panorama rap underground campano), siamo molto amici ed abbiamo una stima reciproca a livello artistico per cui lavoriamo spesso insieme, poi c’è Marco di Napoli aka Stekkett, anche egli molto conosciuto a Napoli in qualità di rapper/freestyler e beatmaker, il solito grande ed incommensurabile Mr. Few (Mauro Romano) a fare insieme a me da direttore artistico del progetto oltre alla composizione e rifinitura dei beats usati in generale.

Come tu stesso hai detto sta volta ho lasciato spazio alle parole più che al suono, mi serviva qualcosa di crudo ma di potente allo stesso tempo, i beat sono di nuova scuola, quasi con sonorità che si avvicinano alla trap di oggi mantenendo sempre lo stile crudo del rap americano anni 90 con atmosfere gangsta alla Tupac e riferimenti alla scena underground newyorkese.

Volevo che passasse il messaggio più che il suono, diretto, senza peli sulla lingua, proprio perché dovevo raccontare quello che mi era accaduto, perché sono stato infamato. Quello che sto subendo, che ho subito, l’ho trasformato nell’arma che col tempo porterà il mio nemico nella tomba, “La penna è davvero più potente della spada!”…

Come mai non compaiono featuring con grossi nomi come nel lavoro precedente?

Non avevo in progetto di lavorare con altri rapper americani di grosso calibro essendo io in stretto contatto con loro, (i rapper presenti in Nessuna ricompensa). Ci sentiamo spesso anche per parlare del più e del meno a volte, per fare qualche nuovo nome ad esempio Solomon Childs, Tragedy Khadafi ecc… rapper storici di NY.. ma sia per l’arresto in sé e sia per il messaggio ho ritenuto sta volta di non inserire featuring che potessero spostare l’attenzione da me insomma, dal mio personaggio e dal messaggio in sé.

Pensando ai live nel futuro, come giudichi questa nuova strada (almeno in Italia) intrapresa da un rapper come Salmo, che ha deciso di includere una vera e propria band nelle sue esibizioni? E’un’idea che potrebbe adattarsi al tuo repertorio?

Sicuramente condivido ed approvo in pieno la scelta di Salmo di suonare ai live con una band, mi è capitato proprio in questi giorni di vedere uno spezzone del finale di un suo live riguardante il suo ultimo disco, dove alla fine incitava i giovani appunto a suonare gli strumenti, a non abbandonare le “vecchie tradizioni” e di mantenere viva la musica strumentale in un mondo dove ormai l’elettronica domina nei live e nell’ambito delle vendite in generale.

Ne parlammo anche la scorsa volta ed anch’io pensando alle mie esibizioni in live mi vedo affiancato da una band di validi musicisti, sicuramente, c’è più groove, più contatto con la musica e di conseguenza il pubblico è più vivo e partecipe.

Quale pezzo ti rappresenta di più in questo disco?

Ce ne sono varie ma mi sento più legato a “Galleria 19” la prima traccia del disco, “Trust no One” la quarta, “Il segreto di Raju” la quinta, “Om Namah shivaya” la sesta e poi in fine “Ultimo” la numero 7.

Queste tracce che hai elencato sono quelle che avevi già pronte oppure le nuove, figlie del momento che stavi vivendo?

In pratica sarebbero le tracce nuove che ho registrato in questo disco, esattamente nel periodo dopo il mio breve soggiorno in ospedale per un’operazione a cui ho dovuto sottopormi in seguito alla “frattura” del mio naso per merito di due o forse più individui “rimasti ignoti” durante lo svolgimento di una serata techno al centro storico di Napoli appunto nel locale “Galleria 19”. In seguito ad alcuni avvenimenti precedenti sono stato come dire, tratto in inganno e a mia insaputa da dietro mi sono saltati addosso questi idioti di Torre del Greco, amici della persona con cui avevo una storia ( rimasti ignoti perché non ho mai sporto denuncia ma so chi sono i loro nomi e anche dove abitano) e per dirla in modo simpatico, mi hanno riempito di botte per poi dileguarsi tra la gente del locale, (un classico comportamento da coniglio infame, perché potevano avere un coltello o qualsiasi cosa e da dietro non è al quanto corretto per l’etica e la morale di strada come tutti ben sappiamo!) quando mi rialzai avevo il naso completamente fratturato, storto insomma, erano le 6 del mattino, mi misi in macchina e guidai fino al pronto soccorso, ringrazio L’alcol per avermi reso calmo e quindi, non fu altro che una passeggiata, un’ altra esperienza al limite collezionata nella mia vita, ora dovrei spiegare il motivo di tutto questo, quindi andiamo avanti.

Non hai problemi nel parlare di questioni private, quindi per dovere di cronaca ti chiederei di spiegarci il significato delle altre tracce da te elencate prima.

“Trust no One” letteralmente “non fidarti di nessuno” è la traccia che racconta la mia vicenda, quella che ho vissuto stando insieme a questa persona. descrive gli atteggiamenti di una giovane ragazza, quelle bambine diventate donne troppo in fretta, che hanno bruciato tutte le tappe e che vivono senza manco più capire loro stesse.
Lei ha un passato difficile, a detta sua, mi raccontava dei suoi mostri, di quello che aveva dentro, ho cercato in tutti i modi di aiutarla a capire tante cose della vita, data la mia esperienza e qualche anno in più… purtroppo il lupo perde il pelo ma non il vizio, e quando si è abituati a vivere nell’errore, senza insegnamenti da parte di una famiglia, quasi inesistente, allora si sbaglia sempre e si continua a perseverare, perché ci si sente così, ormai ci si lascia andare. E’ quello che accade a molti giovani adolescenti, ma credo faccia parte dell’età, si crede che tutto il mondo ci sia contro.. e si vive la vita in un modo spesso che va in contrasto anche con i propri ideali…

Mi rendo conto di parlarne ancora in modo sentimentale ma non perderò mai la speranza nelle persone, crederò sempre che alla fine il bene possa trionfare sul male.

Dunque è anche un monito, un messaggio che serva da lezione, che possa far capire a tante ragazze ma anche ragazzi che bisogna essere umani e bisogna essere sinceri e che l’amore è tutt’altro che un ti amo.

“Il segreto di Raju” ed “Om namah shivaya” insieme ad “Ultimo” sono legati al mondo spirituale della religione Indiana, L’induismo ed all’origine di nascita della persona di cui parlo nell’album, la mia ex ragazza.
Raju è suo padre, un mistico, un baba indiano, dedito alla preghiera, allo yoga e alla vita hindi, la voce narrante che lega l’album è la sua.
È uno spezzone di un documentario non so di quale emittente televisiva simile a national geo GRAPHIC sull’india e la religione, di molti anni fa, poiché nel video Raju è giovane rispetto ad oggi, credo che egli spieghi il segreto non solo dell’induismo, della meditazione, dell’io… ma di se stesso, il suo segreto, quello che lo ha portato a lasciare la cosa forse più preziosa che abbia mai avuto, sua figlia.

Quel video mi fu inviato da lui una notte, all’improvviso, nel silenzio senza altri messaggi o testi scritti aggiunti a quello “spunto” di conversazione, io rimasi stupito ma subito capii, perché c’è sempre un filo conduttore invisibile e noi esseri umani siamo tutti connessi, voleva che lo vedessi, a distanza di mille e più chilometri lui mi stava dando la fonte di una conoscenza senza tempo, che proveniva dalle viscere di un uomo, di una cultura e di un mondo totalmente diversi da quello nostro occidentale di oggi. Dunque lo ringraziai semplicemente e faci tesoro del suo dono.

Per farvi capire appieno il mood di queste canzoni devo per forza confessarvi lo stato in cui ero quando le ho scritte tutte d’un fiato, chiuso nel buio dello studio della Mr. Few records nel mese successivo all’operazione al naso.

Ero completamente fatto d’oppio, avevo bisogno di trascendere in me stesso, esplorare i meandri occulti della mia mente ancora una volta, sentire chi ero, ritrovare di nuovo la vera voce della mia anima che si era smarrita nel corso di quelle vicende inseguendo l’amore ed una persona che mi stava portando alla morte o alla galera è così fu in entrambi i casi, trovai me stesso e le parole per descrivere tutto, e dopo mesi ancora trovai “la lugubre prigione” da me tanto decantata, quasi agoniata nel mio precedente album come un veggente di me stesso.
“Come l’eretico nasce dal santo e l’indemoniato dal veggente…” scrisse Umberto Eco nel nome della rosa, è così per me è stato.

 Negli ultimi anni si è assistito ad un appiattimento del messaggio politico veicolato attraverso la musica. I famosi cantautori si sono chiusi in una loro condizione intima, allontanandosi dalla visione a 360° della società ed un’eventuale denuncia attraverso la musica.
Secondo te, il rapper, dalla sua posizione di “emarginato forzato” perché scomodo, può farsi cantore di un messaggio di rivolta, di consapevolezza?

Se guardiamo anche al passato molti rapper hanno scritto i loro dischi d’esordio o migliori appunto in cella, in prigione, in uno stato di “emarginazione forzata”.
La mia risposta è sì.

Nel tuo caso si può tranquillamente parlare di rivolta e consapevolezza. Lo stato di costrizione degli arresti domiciliare ti spinge a dare sempre più forza al tuo messaggio. Un messaggio che dall’intimità della tua persona può toccare tematiche comuni a molti, come la prigione, gli errori, l’innocenza, la colpa. Temi in contrasto ma che possono adattarsi di volta in volta a chi li ascolta.

È nel dolore che l’anima di un’uomo si espande e illumina il buio intorno, il sistema carcerario tenta di annullarti anzi lo fa per il tempo della tua condanna, ti rende invisibile, ti emargina da tutto e tu non sei più nessuno, sei diventato niente, dimenticato da tutto e da tutti e sono veramente pochissime le persone che con le loro sole forze, di testa, cuore ed anima riescono a cambiare e migliorare una volta fuori.

Molti altri anche se non sono veri criminali non ci riescono e magari dentro lo diventano davvero, diventano dei mostri perché non esiste vera riabilitazione per i detenuti forse non esattamente in Italia ma in molte parti del mondo la galera è un vero e proprio inferno! Ne sono più che sicuro, non ci sono parole per spiegare o descrivere lo stato di inquietudine, di angoscia perenne che ti fa provare la situazione di detenuto.

Puoi capirlo solo se lo provi e credimi non lo auguro a nessuno.

La galera toglie all’uomo la cosa più preziosa che ha perché fa parte del suo stare al mondo, della sua stessa vita, la libertà! .

Senza di essa l’uomo muore, lentamente, muore come dissanguato, è un dolore logorante e perpetuo guardare il cielo, le stelle, la sua immensità dalle sbarre di una prigione o dalla finestra della tua stanza perché sei ai domiciliari, sentire il profumo del vento che ti sfiora la pelle e sapere di non poterne far parte, di poter soltanto stare lì all’aperto in mezzo al nulla in silenzio perché ti hanno tolto la libertà di essere vivo, di far parte della vita e di sentirla dentro e fuori di te.

Quindi la musica mi ha salvato sempre anche ora in questa misera circostanza, hanno voluto togliermi la cosa più preziosa che ho, ma dalla mia ho le parole, la voglia di non mollare, allora ho scritto e ho registrato sapendo di lasciare in eterno la prova della mia esistenza, della mia voce, il grido della mia anima che vola oltre i muri di cinta di un carcere, oltre il filo spinato dei campi di prigionia, oltre le barriere imposte con ingiustizia anche nei confronti di chi ha sbagliato ma non è stato giudicato bene… oltre le convinzioni e i pregiudizi delle menti ignoranti, delle malelingue, della falsità che si impossessa delle persone…

Ecco il mio messaggio, Carcerato.

Ci sono altri mondi musicali che vorresti esplorare, magari con progetti paralleli?

Sicuramente.
Oltre al rap, all’hip-hop, al rock e in generale tutta la musica, sono sempre stato affascinato e comunque cresciuto anche dalla musica elettronica, precisamente il genere tekno (da rave) non techno (da club) anche se amo entrambe, sono cresciuto sotto le casse, nei fabbriconi abbandonati sparsi per L’Italia, in Campania, nei boschi e campi tra camper e furgoni di gente proveniente da tutto il mondo, la cultura tekno è una cultura che si fonda su principi simili a quelli della cultura hip-hop. Il rispettare se stessi e gli altri, l’aggregazione e la fratellanza, il rispetto per la natura o l’ambiente in cui ti trovi, tutte regole che esaltano al massimo la cosa principale, lo scopo della situazione, fare festa, divertirsi esprimendo là propria passione, la propria anima, il ballo… la musica, le parole…
Ho sempre creduto in un certo senso che il B-Boy dell’hip-hop si sia evoluto nell’attuale “Raver” o comunque le due figure siano andate di pari passo e come dire, fuse insieme!
In un rave party c’è un escalation musicale che abbraccia molti generi dell’elettronica nonché molte influenze che derivano appunto dall’hip-hop, dalla break beat, drum’n’bass ecc…

In una traccia tekno tribe all’improvviso senti un break e magari parte un ritornello di un pezzo di Method Man dei Wu tang…
poi di nuovo cassa dritta e magari sale un arpeggio acid…

Insomma è un misto di tutta la musica che mi piace, ho iniziato a smanettare sui piatti verso i 15-16 anni, qualche anno dopo aver cominciato coi rave grazie a un mio vecchio caro fratello con cui ho condiviso gran parte della mia adolescenza che all’epoca suonava con una tribe rinomatissima ed ancora oggi attiva di Napoli, i “Nameless soundsystem”, mi trovavo da ragazzino in giro per la Campania molto spesso sul Vesuvio dove montavano il sound per la festa o nei capannoni nelle zone di Marcianise, Capua ecc… e da lì ho sempre avuto la passione di suonare ecco…

Quando smetterò di fare rap credo sicuramente di suonare per me stesso o magari per qualche amico in veste di dj 🙂
Oltre a questo come in passato mi diletto a comporre beat o tracce sempre tekno ma che custodisco nel mio pc, sono esperimenti sonori oserei dire… quando produco in questo caso uso l’altro mio alias “Keatamaxxx aka Menschen Material” dal 2002.

Una curiosità. Ci spieghi il significato della copertina? Questa doppia prigione, la cella classica ed il filo spinato.

In realtà la copertina rappresenta un quesito e più in generale pone una riflessione. Ci sono io in cella ma l’inquadratura dà la sensazione che ci sia un’altra persona in prigione che dal suo punto di vista, dalla sua gabbia osserva me. Ecco appunto, sono io il carcerato per quello che ho passato e per come sono stato giudicato o lo sono coloro che mi osservano dal loro punto di vista ignorante e gretto e privo della benché minima sensibilità ed empatia?

 

 

TRACKLIST

CARCERATO
Arrestato il 28 luglio 2018, Terror Haze racconta in dieci tracce il vissuto di due anni di vita fino al
punto che lo ha portato alla fine momentanea del suo essere un “elemento sociale”, o cittadino,
poichè nulla scalfisce o può incatenare l’anima di un essere umano libero

1) GALLERIA 19 (prod. Mr. FEW)
2) UNDERGROUND RAP HARDCORE (prod. Theaviator – Mr. Few)
3) DIRTY DANCING (prod. Luciano Pain)
4) TRUST NO ONE (prod. Theaviator – Mr. Few)
5) IL SEGRETO DI RAJU (prod. Theaviator)
6) OM NAMAH SHIVAYA (prod. Theaviator – Mr. Few)
7) 89 TIL INFINITY (prod. Stekkett)
8) ULTIMO (prod. Theaviator)
9) VITA MUTATUR NON TOLLITUR (prod. MK – Mr. Few – scratch Dj Stivo)
10) IL PASOLINI DI PIGNON (prod. Beatdeella – Mr. Few)

Scritto da Ugo Buonfiore

Mr. Few records 2018

Master by Francesco Giuliano