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Immigrazione-Nuove regole d’ingaggio: si all’uso della forza

Operazioni di controllo dei flussi,  fermare le barche degli scafisti,  riportare sulla terraferma:   migranti: a fare tutto questo dovranno essere i libici. Cambiano quindi le regole di ingaggio: il governo italiano non vuole che l’accordo tra Roma e Tripoli lasci spazio ad ambiguità.

Le regole  dovranno, infatti, prevedere anche casi particolari:si parla di centri di raccolta nella terraferma libica come la necessità di intervenire a difesa della Guardia costiera libica, se questa fosse attaccata con le armi dagli scafisti: in questo caso, i militari italiani potranno usare la forza.

Secondo quanto afferma l’edizione odierna di LA REPUBBLICA, la squadra navale dovrebbe essere basata almeno su due o tre unità, per arrivare se necessaro fino a sei, fra quelle schierate nell’operazione Mare Sicuro, attiva nel Mediterraneo al di fuori delle acque libiche. La nave anfibia destinata ad accogliere il comando sarà con tutta probabilità la San Marco, affiancata forse da una fregata come la Bergamini e da un pattugliatore come il Cassiopea o da una corvetta come la Danaide. Accanto sarebbero schierati uno o due sottomarini, oltre che mezzi aerei. L’operazione comporterebbe l’impiego di 700 uomini. Il costo stimato si aggira sui nove milioni di euro al mese.

Restano due elementi che destarno preoccupazione. Il primo è la frammentazione politica della Libia: non è ancora chiaro se Khalifa Hafta, uomo forte dell’Est,  sia disponibile ad appoggiare la richiesta del governo di Tripoli guidato da Fayez al Serraj. Hafta Il generale controlla il cosiddetto Esercito nazionale e gode del sostegno del Parlamento di Tobruk, ma non riconosce ancora la legittimità del governo di Tripoli. Ecco quanto dichiarato a France24 ieri:

Sarraj non controlla la città, se non a parole. Tripoli è la capitale di tutti i libici, e non appartiene a nessuno. Sarraj a Tripoli non ha alcuna autorità. È un ingegnere. Farebbe meglio a dire cose concrete e attinenti ai fatti e a lasciar perdere le fanfaronate”. Fintanto che c’è un pericolo siamo pronti a difendere la capitale. La mia ambizione è di difendere il popolo, noi siamo i guardiani del popolo.

Insomma non è servita la stretta di mano con Macron. Si aggiunge il fatto che  non tutte le tribù e le milizie si riconoscono nei due schieramenti, e che nel sud  ci sono segni di raggruppamento dei jihadisti fedeli allo Stato islamico. E l’ipotesi che qualche fazione sia ostile alla presenza italiana alza i rischi della missione.

Il secondo problema riguarda la possibilità di reazione degli scafisti che gestiscono il traffico di esseri umani. Parliamo, per alcuni di loro, di gruppi legati a organizzazioni terroristiche, con forte capacità finanziaria e allo stesso tempo privi di scrupoli. Potrebbero organizzare incidenti, vere e proprie provocazioni per costringere all’intervento le unità italiane.

Oltre alla questione militare, ce n’è un’altra che riguarda la gestione dei flussi:  il ruolo dell’Italia sarà solo di sostegno tecnico: saranno le motovedette della marina libica a dover intervenire direttamente.Si dovrà poi stabilire sia che la giurisdizione a bordo delle navi resta italiana, ma anche precisare che fine faranno i migranti raccolti in mare:si parla di centri di raccolta dove potrebbero essere avviate le procedure per la richiesta di asilo, ma anche organizzati i rimpatri. A finanziare il tutto ci sono cento milioni di euro resi disponibili da Italia, Francia, Germania e Unione europea. I centri saranno sotto il controllo dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati e della Organizzazione mondiale per le migrazioni. Per il primo si tratta di un debutto: nessuno prima in Libria aveva firmato la convenzione di Ginevra del 1951 sul diritto di asilo e sul trattamento dei rifugiati.