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Nba, lo stato delle cose: il punto sulla western conference (vol.1)

Western vol.1: da Luka Doncic a Derrick Rose passando per il Joker Jokic, il Gallo italiano e Jeff Bzdelik. Ma Durant e Green, sfottono o fanno sul serio?

Dallas Mavericks: 8 vinte e 9 perse, quattordicesimo attacco e nona difesa Nba.  La transizione è già iniziata: Nowitzki siede regolarmente in borghese tra gli assistenti allenatori di coach Carlisle. In campo, invece, Luka Doncic ci ha messo pochissimo ad intestarsi da subito l’eredità di WunderDirk e diventare il perno dei nuovi Mavericks. Lo sloveno viaggia a medie di 19 punti, 7 rimbalzi e 4 assist a partita tirando il 45% dal campo ed il 38,3% da 3 punti su 6.3 tentativi dalla lunga. Insomma, 19 punti di media a 19 anni d’età. I Mavs hanno pagato un prezzo significativo per sceglierlo in sede di draft: ma chi ha voglia di lamentarsi? Quanto a Dennis Smith Jr., enigma non risolto e giuria ancora in camera di consiglio: fuoco liquido o fuoco fatuo? Oppure, volendo: una via di mezzo (?).

Denver Nuggets: 11 vinte e 7 perse, ottavo attacco Nba e settima difesa. Vinte nove delle prime dieci partite giocate da squadra più calda della lega, i Nuggets si sono poi fermati di botto perdendo 6 delle ultime 8. Probabile pure che l’assenza prolungata di Will Barton cominci a farsi sentire, così come l’assenza di una vera ala piccola. Spettacolare Jokic: il Joker viaggia a 17.2 punti, 10 rimbalzi e 7 assist di media col 50% dal campo ed il 36,5% da 3. In più: per essere uno che, nello sventato immaginario collettivo, non difende quasi per niente, le sue metriche difensive sono decisamente rispettabili, anzi a dirla tutta quest’anno sono parecchio buone. Meno meritevole di elogi, invece, il duo di guardie titolari Murray-Harris: produttivo ma non sempre efficiente. In particolare da dietro l’arco dei 3 punti: Harris sta tirando il 33% mentre Murray il 31,5%. Nota di merito per Monte Morris: il play di riserva viaggia a 3.9 assist di media vs appena 0.6 perse.

Golden State Warriors: 12 vinte e 7 perse, secondo attacco Nba ma diciannovesima difesa. Perse 6 delle ultime 8 tra l’infortunio del capo squadra Curry e la rissa teatrale/verbale tra KD e Draymond. Arma di distrazione di massa per trovare stimoli in una stagione lunga 82 partite? Prima che inizi l’altra stagione, quella vera, e per una squadra tanto vincente, l’unica che alla fine conti davvero. Colpiscono però alcune cose. 1) Le pessime percentuali di Klay Thompson dalla lunga distanza, 32% da 3 su più di sette tentativi a partita, includendo la serata record di Chicago (14/24). 2) L’impressionante declino statistico di Iguodala. 3) La progressiva scomparsa dalle rotazioni di Jordan Bell: motivata da cosa, poi?

Houston Rockets: 9 vinte e 7 perse, undicesimo attacco e ventunesima difesa.  Già dati frettolosamente per morti dopo le prime due/tre settimane di stagione  regolare, i Rockets stanno cercando un nuovo/vecchio equilibrio. In parte, si è già tornati al passato: fuori ‘Melo e dentro di nuovo Jeff Bzdelik, il mago della difesa. Una mano l’ha data la scoperta di Gary Clark, undrafted e firmato ad un two-way contract che poi diventerà un contratto normale. Per il resto, e data la produzione di Harden e Capela, ciò che conta è preservare Chris Paul, non più un ragazzino. In aggiunta: aspettare che Gordon e Green tornino ad un regolare ritmo offensivo.

Los Angeles Clippers: 11 vinte e 6 perse, quinto attacco e quindicesima difesa.  Seconda per percentuale da 3 punti (38,5%), terza per tiri liberi tentati e seconda per tiri liberi realizzati. Lou Williams tira 6 liberi a partita e li converte con il 94%  mentre Danilo Gallinari ne tira 5.5 convertendoli col 95,5%. Parlando del Gallo italiano: 18.6 punti con il 42% dal campo ed il 44% da 3. Miglior realizzatore della squadra è però Tobias Harris: 21.4 punti e 8.7 rimbalzi a partita tirando il 52% dal campo ed il 44,4% da 3. Notevole pure la stagione di Montrezl Harrell: 15,5 punti di media in 25 minuti di impiego tirando il 67% dal campo e 5.8 tiri liberi a partita.

Los Angeles Lakers: 10 vinte e 7 perse, nono attacco e diciassettesima difesa.  Male Kuzma col 30,2% da 3 su 5 tentativi a partita ed Ingram col 33,3% da 3 su meno di 2 tentativi di media. Bene Josh Hart a 10.6 punti di media col 42% dalla lunga distanza. Per il resto, e posta la grandezza di LeBron (29 punti di media col 39% da 3 su 6 tentativi a partita), la cosa davvero importante è una sola: JaVale McGee col career year a 31 anni. 13.4 punti, 6.6 rimbalzi e 2.6 stoppate a partita con il 63,7% dal campo ed il 66% ai tiri liberi. Il tutto in appena 25 minuti di gioco. Al contempo, miglior offensive rating e miglior defensive rating dell’intero roster.

Memphis Grizzlies: 12 vinte e 5 perse, ventitreesimo attacco e quarta difesa della lega. Grit&Grind is back, baby. Difatti, Memphis gioca al ritmo più lento della Nba, trentesima su trenta per pace. Ed è giusto così: assecondare i propri punti di forza invece della moda pace&space corrente. Può lasciare esteticamente a desiderare ma che senso avrebbe correre da un lato all’altro del campo con Marc Gasol, Mike Conley e Kyle Anderson in quintetto? In quintetto, a dare segnali promettenti, pure il rookie Jackson e l’equilibratore Temple. MarShon Brooks, microonde offensivo.

Minnesota Timberwolves: 7 vinte ed 11 perse, diciannovesimo attacco e pure ventiseiesima difesa. La cessione di Butler ha giocoforza cambiato rotazioni e responsabilità in quel di Minneapolis. Maggiori responsabilità sulle spalle di Towns (ma il talento c’è, e tanto) e Wiggins (e qui ad abbondare sono soprattutto i punti interrogativi). Covington sembra fatto dal sarto per giocare nel sistema di coach Thibodeau mentre Saric deve ancora riprendersi dalla botta di esser stato, uhm,  scaricato dai 76ers. A parziale compensazione del chaos attuale, la resurrezione (dita perennemente incrociate) di Derrick Rose: 19 punti di media col 46% da 3.

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