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Operazione antiprostituzione: Tratta di esseri umani e schiavitù

La polizia di Stato ha arrestato quattro persone con l’accusa di tratta di essere umani, riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione.

Nella mattinata odierna gli uomini della Polizia di Stato della Squadra Mobile partenopea hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 4 persone, un italiano e 3 nigeriani, gravemente indiziati di associazione a delinquere avente carattere di transnazionalità, tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione.

Le indagini coordinate dalla DDA sono state avviate nell’Aprile del 2016 in seguito alla denuncia sporta da una ragazza minorenne nigeriana, che riferiva di essere arrivata in Italia a bordo di un barcone, stipati in due autobus, insieme ad altri 140 connazionali, fino alla Libia. Giunta a Lampedusa, contattata da un uomo, è stata accompagnata con un’amica a Giugliano (NA), dove sono state consegnate ad una cosiddetta “madame” di nome Glory, indotte a prostituirsi per pagare un debito di 30.000 euro per la liberazione.

Le ragazze sono vittime del racket e di una cultura che le sottopone a riti “magici” (vodoo), per “legarle” ulteriormente al loro sfruttatore. Per giungere in Italia, si indebitano con gli stessi sfruttatori che per farsi ripagare le fanno lavorare giorno e notte. A tenerle inchiodate al marciapiede non è una libera scelta; andando oltre le apparenze, bisogna sapere che gran parte di loro sono vittime di un meccanismo perverso che ha inizio in Nigeria. Si indebitano per raggiungere l’Europa e ne diventano schiave.

L’organizzazione che gestisce il traffico ha una strutturazione precisa e ben articolata. Ai reclutatori che passano a setaccio Benin City e il suo hinterland e organizzano i trasferimenti, corrisponde in Italia una struttura preposta all’ “accoglienza” e alla prostituzione. Chiave di volta è la maman/ mommy, spesso un’ex prostituta, che si presenta come una figura materna. Ogni maman accoglie nella propria casa sette-otto ragazze, gestisce i loro guadagni e si occupa del risarcimento del debito.

Le ragazze dormono sotto lo stesso tetto, lavorano negli stessi luoghi, mangiano insieme. Costituiscono insomma piccole comunità, dotate di regole, dinamiche interne, contraddizioni e conflitti. Una dimensione collettiva che contribuisce a creare un senso di appartenenza, alleviando in qualche modo le difficoltà di un’esistenza forzata. Per estinguere il debito occorrono in media tra i due e i tre anni di lavoro continuativo, considerate anche le spese che vengono detratte per il vitto, l’alloggio e l’affitto del joint, la porzione di strada su cui “lavorare”.

Coloro che giungono al termine del percorso a volte decidono di continuare con al prostituzione. In questo caso possono scegliere due strade: esercitare in proprio o entrare a far parte dell’organizzazione e diventare maman, dopo un periodo di apprendistato in cui aiutano la capo-gruppo nelle mansioni quotidiane. La sfruttata può quindi diventare sfruttatrice e decidere di perpetuare il sistema.