Pressing dei sindacati sul Governo per l’election day
Continua il balletto tra Governo e sindacati sui Referendum sul Lavoro promossi dalla CGIL: sono passati due mesi dalla convalida da parte della Consulta di due dei tre quesiti proposti dal sindacato dei lavoratori per abrogare il jobs-act che non ha avuto alcun effetto positivo sul mondo del lavoro se non quello di aggravare precarietà e disoccupazione. Non passa giorno in cui sindacati, partiti e movimenti non facciano pressione sul Governo per fissarne la data. Non male la proposta dell’election day che, accorpando referendum e amministrative, farebbe risparmiare diversi milioni di euro. Gentiloni per ora tace.
Nel frattempo, nel Paese reale, la disoccupazione giovanile ha superato il 40%, nuovo record negativo per il nostro Paese da cui i giovani sono costretti a scappare per trovare lavoro. Chi rimane non se la passa meglio, in bilico tra disoccupazione e precarietà, sottopagato e senza tutele. La storia di Michele, giovane precario di Udine che si è tolto la vita, è stata un pugno allo stomaco. Le famiglie non arrivano a fine mese: secondo i dati ISTAT la povertà dilaga a causa della disoccupazione e dell’assenza di lavoro al punto che quasi 5 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà assoluta. In un Paese civile una situazione del genere sarebbe vergognosa e intollerabile.

Sono centinaia di migliaia le persone a cui oggi è negato l’accesso al mondo del lavoro e con esso ogni prospettiva di costruirsi un futuro. Le responsabilità sono da ricercare nelle politiche economiche neoliberiste attuate negli ultimi 20 anni sia dai Governi di centro-destra che di centro-sinistra, che hanno creato enormi ed insopportabili diseguaglianze: oggi una piccola minoranza di privilegiati detiene gran parte della ricchezza del Paese mentre la maggioranza deve spartirsi le briciole in una guerra tra poveri senza fine che vede il disoccupato contro l’operaio, l’impiegato contro l’immigrato e così via in una spirale di odio e violenza su cui marciano vecchi fascismi e nuovi razzismi.
È in questo contesto che assume importanza la campagna referendaria Con 2 Sì – Libera il lavoro, non solo per attuare la Costituzione salvata lo scorso 4 dicembre, ma per garantire una prospettiva di vita migliore ai lavoratori. Da un lato l’abolizione dei voucher eviterebbe l’utilizzo spropositato e senza regole di uno strumento di sfruttamento del lavoro, dall’altro il ripristino della responsabilità d’impresa garantirebbe maggiore trasparenza e sicurezza negli appalti. Due norme di civiltà nel rispetto dell’art. 4 della Costituzione e dell’art. 23 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
La battaglia referendaria, per risultare efficace, dovrà essere affiancata da altre rivendicazioni quali l’introduzione del salario minimo e del reddito di cittadinanza, misure necessarie per contrastare precarietà e disoccupazione. Ne sono consapevoli i sindacati e i partiti della sinistra che hanno trovato un terreno comune su cui lottare; ne è convinto il Comitato nazionale del NO che tramite la portavoce Anna Falcone ha fatto sapere che si trasformerà in Comitato per il Sì e ne sono consapevoli cittadini, lavoratori, precari, disoccupati, pensionati, studenti, giovani e meno giovani che stanno pagando il prezzo della crisi. Manca ancora all’appello il Movimento 5 Stelle il cui contributo sarà fondamentale per vincere questa battaglia e gridare un sonoro vaffa a povertà, sfruttamento e ingiustizie.
