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Sacramento Kings, inizia una nuova vita

Dopo sette anni spesi ad ammirare il grande talento ma anche e, spesso, soprattutto le intemperanze di DeMarcus Cousins, i Sacramento Kings dell’eccentrico proprietario Ranadivé e del Gm Vlade Divac voltano pagina.

La stagione: 32 vinte-50 perse. Una pessima difesa (venticinquesima su trenta) per un difensive rating di 111.3, un attacco non pessimo ma comunque scadente (ventunesimo su trenta) per un offensive rating di 107.3; il tutto giocando ad un ritmo alquanto lento con un pace di 94.9 (ventitreesimo su trenta).

Il roster: Boogie’s gone. What’s next? Giocatori dal talento individuale comparabile a quello di Boogie Cousins non se ne vedono nel roster attuale eppure tutto si può dire tranne che ai Kings non ci sia materiale magari grezzo ma sicuramente interessante. Bene premettere che la stagione di Sacramento è vissuta di due tronconi separati, il primo facente intero riferimento a Boogie (con una spruzzata di Rudy Gay) e il secondo- post all-star game e cessione di Cousins- facente invece quasi esclusivo riferimento agli youngsters presenti nel roster ed in particolare a Buddy Hield, il pezzo più pregiato che la cessione di D.M.C. lascia in eredità ai nuovi Kings. Dunque, il rookie Buddy Hield ventitreenne guardia tiratrice nelle 25 gare giocate in canotta Kings ha lasciato giù queste medie: 15.1 pts, 4.1 reb, 1.8 ast, 2.1 tov, tirando col 48% dal campo, il 42.8% da tre su ben 5.5 tentativi a partita dalla lunga distanza e facendo registrare un rimarchevole 60.0 di TS% con uno USG% di 23.2 in 29 minuti di media. Insomma, statistiche alla mano, il Buddy Hield versione Sacto è un giocatore che non fa molto altro che segnare- diciamo che contribuisce a rimbalzo ma ha, soprattutto, molta strada da fare in difesa- però, quanto a segnare, non solo ha ben in testa quello che deve fare ma ha anche una naturale capacità di farlo in maniera efficiente, anzi con quel TS% la parola giusta è uber-efficient.  

Buddy Hield

A proposito di gente che ha dato una svolta alla propria stagione nel post-Cousins, nessuno ne ha tratto più benefici di Willie Cauley-Stein: con Cousins in squadra, 5.8 pts e 2.7 reb in 13 minuti; senza Cousins invece, 12.9 pts, 8.2 reb, 2.2 ast, 1.1 stl, 0.9 blk in 31 minuti di media a partita tirando col 50.4% dal campo e un rispettabile 71.6% dalla lunetta. Resta da vedere quanto Cauley-Stein, 23 anni e al secondo anno nella lega, possa ancora migliorare, per ora pare un lungo solido, efficace in difesa soprattutto ma non solo quando accoppiato con un piccolo avversario dopo uno switch (cambio) difensivo, e comunque abbastanza intelligente da giocare entro i propri limiti pure in attacco senza cercare di strafare. Da un centro all’altro: Georgios Papagiannis, lungo greco di 20 anni (ancora da compiere) e tredicesima chiamata assoluta allo scorso draft, ha trovato infine un po’ di spazio nella parte finale della stagione mostrando incoraggianti segni di adattamento alla realtà Nba: 6.6 pts, 4.5 reb, 1.1 ast, 0.9 blk tirando il 54.1% dal campo in 18.6 minuti di media nelle 18 partite giocate post all-star game. Il materiale grezzo su cui lavorare sembra esserci.

Willie Cauley-Stein

Il giocatore però che forse più di tutti, per potenziale e premesse, intriga la fantasia dei sostenitori di Sacto è l’ala-centro haitiana Skal Labissiere, autore di un gran finale di stagione: nelle ultime 25 partite di stagione regolare, 10.8 pts, 6.0 reb, 1.0 ast e 0.5 blk in appena 22.4 minuti di media tirando il 54% dal campo e mostrando, sebbene in forma ancora embrionale, una morbidezza di tocco nel tiro in sospensione che lascia ben sperare per una futura estensione del suo raggio di tiro anche al di là dell’arco dei tre punti; in più, oltre a disimpegnarsi bene a rimbalzo, Labissiere (21 anni compiuti da poco e scelta numero 28 al primo giro dello scorso draft) ha mostrato buona attitudine allo scivolamento difensivo e, pur necessitando sicuramente di una lunga sessione estiva in palestra per caricarsi di qualche muscolo aggiuntivo, una più che decente capacità di utilizzare il corpo in traffico. Quanto a Malachi Richardson, guardia tiratrice da Syracuse e scelta numero 22 dell’ultimo draft, una parziale lacerazione del tendine posteriore del ginocchio destro occorsa in febbraio ne ha in pratica del tutto sterilizzato la stagione da rookie.

Skal Labissiere al tiro

Il Draft: Sacramento detiene ben due scelte al primo giro del prossimo draft, la 5 e la 10; inoltre, per quanto naturalmente dotata di meno appeal rispetto alle altre due, anche la scelta numero 34 ad inizio del secondo giro, in un draft unanimemente considerato come profondo e qualitativo, potrebbe regalare soddisfazioni ai tifosi della franchigia. Comunque, stando al primo giro, i Kings avranno di che scegliere. Par di capire, sebbene di questi tempi distinguere i leaks buoni dai depistaggi montati ad arte dalle stesse franchigie desiderose di esser lasciate in pace durante la fase pre-draft di valutazione dei prospetti è compito particolarmente complesso, che il front-office di Sacto abbia una vera e propria passione per la point guard da Kentucky De’Aaron Fox. L’unico problema, potenzialmente bello grosso, è che questa passione potrebbe essere condivisa anche da qualcuno dei front-office che scelgono prima di Sacramento al draft (Phoenix?); a quel punto non resterebbe che spostarsi da una lead-guard ad un’altra e cioè da Fox a Dennis Smith Jr., oppure virare su una delle combo-forwards di pregio che questo draft propone come ad esempio Jayson Tatum o, ad un livello teoricamente un po’ inferiore almeno nell’immediato, Jonathan Isaac. Pare chiaro come la scelta numero 5 impatterà necessariamente anche il destino della numero 10, visto che dovessero i Kings draftare una point-guard alla 5 allora alla 10 le ipotesi di scelta diverrebbero le più svariate, con particolare attenzione (forse) a Justin Jackson, versatile ala piccola dalla mano educata e buoni istinti difensivi, e OG Anunoby (sì sì, si chiama proprio OG), iper-fisica forward dal grande potenziale difensivo; nel caso, invece, alla 5 arrivasse Jayson Tatum, allora la 10 diventerebbe territorio ideale per una point-guard dal granissimo potenziale ma anche ad elevato tasso di rischio come il giovanissimo francese Frank Ntilikina del SIG Strasburgo. Lo scenario ideale sarebbe probabilmente una cosa del tipo: Fox(!) alla 5. Jackson alla 10. Tyler Lydon alla 34. Bùm.

Il playmaker del futuro?

La free-agency: Con questo arsenale di giocatori giovani e giovanissimi in squadra, difficile che i Kings trovino conveniente spendere soldi grossi su giocatori di media levatura, avendo tutti questi youngsters da sviluppare con minutaggi adeguati alle necessità di ognuno. Del gruppetto di giocatori che lasceranno Sacramento per fine contratto (Lawson, Collison, Evans e Gay) solo Tyreke Evans potrebbe avere un senso nella Sacto del futuro e soltanto nel caso il draft porti in California una point-guard molto giovane ed altrettanto acerba come Ntilikina mentre un giocatore più naturalmente pronto a prendere da subito le redini della squadra in mano come Fox renderebbe del tutto superflua la presenza di Evans. Il giocatore però di cui tutti i tifosi dei Kings controllano spasmodicamente dichiarazioni ed intenzioni future è un altro (sorry, Evans): Bogdan Bogdanovic, guardia tiratrice serba del Fenerbahçe Istanbul appena issatosi sul tetto d’Europa, pare destinato a ricongiungersi col compatriota Divac in quel di Sacramento e sarebbe un gran colpo dato che Bogdanovic è nettamente, insieme a De Colo, la migliore two-guard d’Europa.

Bogdan Bogdanovic

Final outlook: I Sacramento Kings sono una franchigia oggetto, da svariati anni ormai, solo di scherno e riprovazione. Ci sta. La franchigia, banalmente, difetta da anni di quel minimo di stabilità e coerente indirizzo tecnico senza le quali niente è possibile produrre in una lega così altamente competitiva. Però: Labissiere, Hield, Cauley-Stein, Papagiannis, (probabilmente) Bogdanovic e (potenzialmente) Fox, sembrano un ottimo nucleo da cui ripartire. Servirà pazienza, cosa non facile dopo gli infruttuosi anni già trascorsi al seguito di Boogie (infruttuosi non certo per esclusiva responsabilità di Cousins, anzi). Un po’ di buona sorte, al draft e non solo, molta stabilità, un buon allenatore (quello già c’è, Dave Joerger), la pazienza necessaria a sviluppare i giovani talenti e un ambiente rasserenato che non carichi la squadra di pressioni irrealistiche; sembra tanto e forse lo è ma non c’è altro modo per i Kings di dimostrare che: dopo Boogie, c’è ancora vita a Sacramento. Forse, addirittura una migliore.

Divac sorride, Joerger quasi si sganascia.