Tra indagini e colpi di pistola: tutti gli intrighi di Renzi padre
Da Medjugorje al registro degli indagati. Questo è l’improponibile viaggio di Tiziano Renzi e Carlo Russo.
Carlo Russo, il trentatreenne imprenditore di Scandicci, è intimissimo di Tiziano Renzi, fino al punto di condividere con lui pellegrinaggi a Medjugorje e, in ultimo, l’iscrizione nel registro degli indagati con l’accusa di “traffico di influenze illecite” dalla Procura di Roma, nell’ambito dell’inchiesta Consip.
I due avrebbero fatto da mediatori per Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano che con la sua “Romeo Gestioni” avrebbe voluto conquistare un posto di spicco nella Consip.
Diversi colloqui tra Romeo e Russo sono stati intercettati e in essi si farebbe riferimento a Renzi senior, il quale pare che conosca anche Luigi Marroni, ex assessore alla sanità ed amministratore delegato della Consip nominato a giugno 2015 dal Governo Renzi.
Tra le carte sequestrate e sulle quali la Procura di Roma sta indagando, c’è un “pizzino” di Romeo con scritto “30 mila euro al mese a T.” un presunto pagamento di 70 mila euro a Russo.
Tiziano Renzi sarà interrogato presto dai pm romani, salvo rinvii, mentre il suo avvocato, Federico Bagattini, cercando di abbassare la pressione sulla questione, invoca prudenza:
“Ricordiamoci di com’è andata a finire a Genova”
Già, perché Renzi senior sembra avere una peculiarità: essere amico di chi si caccia nei guai.
Bagattini, con la sua frase, fa riferimento all’accusa a carico di Tiziano Renzi di bancarotta fraudolenta, procedimento archiviato nel giugno 2016. Ai suoi ex soci, Mariano Massone e Antonello Gabelli, invece non è andata bene. Lo scorso novembre, i due patteggiano rispettivamente 2 anni e 2 mesi e 1 anno e 8 mesi per la bancarotta fraudolenta della Chil post, l’azienda di marketing venduta nel 2016 dalla famiglia Renzi.
A luglio 2016 emerge un’indagine a carico del genero del papà dell’ex Premier, Andrea Conticini, sospettato di aver utilizzato i soldi dell’Unicef e di Operation USA per immettere capitali in diverse società, tra cui la Chil Promozioni, poi diventata Eventi 6, azienda dei Renzi ancora oggi in attività.
Nella galassia di soci e fedeli amici di Tiziano Renzi impalagati in brutti affari, si trova anche Pier Giovanni Spiteri, amministratore della Arturo Srl. della quale Renzi padre è socio al 90% e amministratore fino a marzo 2007. Spiteri viene denunciato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Inoltre, nel 2011, la Arturo Srl viene condannata a risarcire 90 mila euro per il licenziamento di Evans Omoigui, ex dipendente nigeriano della società, somma che non gli verrà mai corrisposta dal papà dell’ex Premier, anche dopo che l’Arturo cessa d’esistere.
A marzo 2016 la Guardia di Finanza perquisisce l’abitazione di Valerio Mureddu, amico e già in affari con Tiziano Renzi, indagato per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio con Flavio Carboni.
È proprio Mureddu, nel 2014, a far incontrare Carboni e Pier Luigi Boschi, padre di Maria Elena, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ed ex vicepresidente di Banca Etruria.
Mureddu era in affari con il papà dell’ex Premier, come lo dimostra anche la vendita di un terreno a Nerina Keeley, moglie di Mureddu, che apparteneva a Renzi senior e Andrea Bacci.
Bacci, ex socio di Tiziano Renzi ed amico di famiglia, è stato nominato da Matteo Renzi alla guida di Florence multimedia e poi della Silfi e, quando l’ex Presidente del Consiglio avvia la sua corsa verso Palazzo Chigi, è tra i suoi primo finanziatori.
L’ascesa di Bacci si arresta a novembre 2016 quando la Procura di Firenze chiede il fallimento della Coam, azienda di Bacci che si è occupata di ristrutturare la villa di Pontassieve di Matteo Renzi e un immobile della famiglia di Luca Lotti.
Contestualmente i magistrati, ipotizzando il ricorso abusivo al credito e distrazione di denaro dalle casse della società, avviano delle verifiche concernenti il caso. Questa intricata situazione sarebbe la causa di alcuni atti intimidatori ai danni di Bacci. Il 23 gennaio 2017 la sua auto è stata bersaglio di alcuni spari, così, qualche giorno dopo, l’insegna della AB Florence, ditta amministrata da Bacci.
Qualche settimana prima, le cronache si erano occupate dell’imprenditore pugliese Luigi D’Agostino, che costruisce outlet di lusso, spesso insieme a Bacci, e che coinvolge il padre dell’ex Presidente del Consiglio nei suoi affari in qualità di responsabile della logistica e consulente, indagato per false fatturazioni dalla Procura di Firenze.
Tra le società coinvolte nell’inchiesta fiorentina ci sarebbe la Nikila Invest, che è stata socia di Tiziano Renzi nella Party, con il 40%, messa poi in liquidazione nel 2016 dopo essere stata travolta dall’accusa di conflitto d’interessi.