Perché la seconda serie di Gomorra potrebbe essere la miglior serie di tutti i tempi
Gomorra è un fenomeno di massa, è un fenomeno sociologico, è un evento mediatico, è una serie che riesce a togliere l’8% di traffico a Pornohub in tutta italia e il 16% a Napoli.
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Eppure è una serie sottovalutata. È sottovalutata dalla critica italiana che ne affronta soprattutto il contenuto etico e morale dimenticandosi di tutto il resto, è sottovalutata dall’italiano medio che è abituato a “Il segreto”e che se vede una fotografia fatta bene pensa che si sono fulminate le luci di scena, è sottovalutata dal nerd che, anche se lo guarda, continua a pensare che sia un prodotto italiano e quindi intrinsecamente inferiore.
Gomorra è prima di tutto un prodotto artistico di altissimo livello, un’opera collettiva di registi del calibro di Stefano Sollima (Suburra, Romanzo Criminale), Claudio Cupellini (Lezioni di cioccolato, Una vita tranquilla, Alaska), Cristina Comencini (La bestia nel cuore, Latin lover). Un’opera collettiva dei migliori tecnici e “mesterianti” del cinema italiano: riprese, fotografia, sonoro, tutto ai massimi livelli.
Gomorra è tutto questo e tutto insieme: un fenomeno di massa, qualcosa che fa discutere, un’opera d’arte tecnicamente perfetta. E la seconda serie ha portato tutto ad un livello superiore, ogni puntata è praticamente un film di un’ora, con un canovaccio che potrebbe reggere davvero tranquillamente il peso di essere un’opera a parte. L’approfondimento psicologico dei personaggi è assolutamente magistrale, fatto con garbo e stile: tutto è lasciato intuire dalle piccole cose: da una sigaretta accesa, da una smorfia, da una parola taciuta.
Per fortuna la critica straniera, forse perché più lontana dai problemi reali trattati nella serie, e quindi più obiettiva dal punto di vista squisitamente artistico/tecnico, riconosce i meriti reali di questo prodotto, basta farsi un giro sui siti stranieri, un link su tutti: The Guardian
La seconda serie di Gomorra si appresta a diventare la miglior serie di tutti i tempi e noi siamo davvero troppo italiani per capirlo.