LineaPress.it

Woodcock scarica Scafarto. Al Csm però, resta sotto accusa

Come certificato negli atti della Procura di Roma, Henry John Woodcock, dice tali parole:

Io sarei l’ingannato.

Così il pm si autodifendeva, il 7 Aprile, intercettato al telefono con Giampaolo Scafarto, l’ufficiale del Noe (oggi maggiore). Una telefonata in cui il magistrato esclude l’eventuale “malafede” di Scafarto e lo esorta a difendersi “da uomo di Stato”.

Però, il 7 Luglio, durante un interrogatorio, lo stesso Woodcock scarica una delle tesi difensive di Scafarto definendola:

totalmente falsa

aggiungendo che da tempo l’ufficiale gli aveva riferito delle intercettazioni.

I carabinieri del Nucleo di Roma sintetizzano così la telefonata tra i due, risalente al 7 Aprile:

Scafarto precisa: perché nell’informativa ho omesso di riferire di quello del Cherokee, che insomma facemmo gli accertamenti e vedemmo che insomma non c’entrava niente, che era uno… quello di Caracas, Venezuela, ve lo ricordate?

Il riferimento riguarda la paura (erronea) di Scafarto e i compagni, di essere osservati, mentre erano negli uffici di Romeo, dai Servizi.

A questo il magistrato risponde:

“Eh me lo ricordo che lo avete detto… come no”.

Scafarto aveva raccontato in chat ad un collega che l’omissione sarebbe stata:

una scelta investigativa precisa, condivisa con Woodcock.

Poi Scafarto parla al pm dell’attribuzione a Romeo della frase

Renzi (Tiziano), l’ultima volta che l’ho incontrato

mentre era stata pronunciata da Italo Bocchino, in riferimento al’ex premier Matteo.

La conversazione continua e i carabinieri scrivono:

Parlano del fatto che si tratta di un atto dovuto e che Scafarto farà valere la sua onestà. Woodcock lo rassicura, gli dice che comunque si chiarirà tutto e che si sta confrontando con persone perbene e professionali. Woodcock dice di essere in difficoltà in quanto lui sarebbe l’ingannato, perché destinatario dell’inganno. Ma esclude la malafede di Scafarto. Il magistrato ribadisce che lui ha sempre consigliato alla pg di essere più asettica e oggettiva possibile.

In merito a tutto questo, Woodcock risponde all’aggiunto Paolo Ielo, al pm Mario Palazzi, alla presenza del procuratore capo Giuseppe Pignatone, così:

È vero che io dissi a Scafarto di fare un capitolo sui Servizi, così come gli dissi di fare capitoli autonomi per singoli soggetti (Consip e quant’altro). Si trattava di un’indicazione di tipo redazionale (…).

Sul mancato inserimento del dato che il suv “sospetto” non era riconducibile ai Servizi, qui il pm smentisce Scafarto:

Quanto alla presunta condivisione della scelta investigativa, evocata nelle intercettazioni di Scafarto, di omettere nell’informativa l’identificazione del proprietario del suv, è un’affermazione totalmente falsa. Preciso inoltre che Scafarto, ben prima di quella telefonata, era venuto da me in diverse occasioni alla presenza della dottoressa Carrano, dicendomi di sapere di essere intercettato.

Passano cinque ore dinanzi al Csm i due aggiunti, D’Avino e Borrelli.

D’Avino afferma che il magistrato non sarebbe dovuto essere il destinatario dell’inchiesta Consip, in quanto essa spettava al suo pool, quello sulla Pa, trattandosi di un caso di corruzione, mentre Woodcock è un pm in carica al gruppo che si occupa di criminalità organizzata.

Borrelli invece, ha ribadito che l’indagine napoletana (con archiviazione per 4 carabinieri del Noe Caserta) sulla fuga di notizie del Fatto per l’intercettazione tra il generale Adinolfi e Renzi contenuta nell’inchiesta Cp Concordia, aveva accertato che la fonte della trasmissione degli atti si era verificata all’Ordine degli avvocati di Napoli.

Sarà sicuramente sentito anche Colangelo, il magistrato che di Woodcock aveva detto:

E’ un cavallo di razza, ma bisogna tenergli le redini strette al collo.
Exit mobile version