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Vannoni in manette. Il caso Stamina continua

Sembrava essersi chiusa la vicenda Stamina quando la Corte di Cassazione stabilì nel 2015 che il trattamento previsto dal metodo Vannoni fosse un “medicinale tecnicamente imperfetto e somministrato in modo potenzialmente pericoloso per la salute pubblica”.

Da questa mattina, invece, il guru delle staminali è in stato di fermo con l’accusa di aver praticato su numerosi pazienti reclutati in Italia il metodo Stamina, disconosciuto dalla comunità scientifica, in Georgia, da dove era stato allontanato lo scorso novembre a seguito di una segnalazione partita dalla procura di Torino.

I Nas hanno fermato Vannoni all’alba nella sua villa torinese per pericolo di fuga, sospettata dopo essere venuti a conoscenza della vendita recente della sua Porsche e dopo essere emersi dalle intercettazioni contatti con dei collaboratori in nuove località, tra cui Santo Domingo, dove il fondatore della “Stamina Fondation” avrebbe deciso di riprendere l’attività per la quale aveva già patteggiato a marzo 2015 una pena di un anno e dieci mesi.

Oggetto di perquisizioni oggi anche Erica Molino, biologa della fondazione che aveva patteggiato come Vannoni nel processo torinese, e Rosalinda La Barbera, presidente della Prostamina Life, associazione che da quanto emerso percepiva un’iscrizione di 5 mila euro per garantire ai pazienti l’accesso al trattamento in Georgia, dove venivano ulteriormente richiesti dai 18 mila ai 27 mila euro per usufruire della cura vera e propria.

Il pm Vincenzo Pacileo coordinerà la nuova inchiesta nella quale figurano almeno sette indagati, tra cui, chiaramente,  Davide Vannoni al quale si contestano i reati di associazione per delinquere aggravata da transnazionalità, di truffa aggravata e di somministrazione di farmaci non conformi nella attività di trattamento di gravi malattie neurodegenerative.