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Addio a Carlo Azeglio Ciampi, traghettatore d’Italia

È venuto a mancare, a 95 anni, uno dei presidenti più amati del nostro Paese.

Ruolo difficile e trasversale il suo.

Umanista con la passione per l’insegnamento, grazie alla seconda laurea in giurisprudenza entra in Banca d’Italia, fino a diventarne il Governatore dal 1979 al 1993, per poi passare alla politica, sempre in qualità di tecnico, ricoprendo la carica di premier (1993-94), di ministro dell’economia (1996-99) ed infine di Presidente della Repubblica dal maggio 1999 al maggio 2006.

ciam-kzef-u460301099566633whc-590x445corrieremezzogiorno-web-mezzogiorno ciampi_ritratto volti-delleuro-la-stampa-lunedi-9-febbraio-1998

 

Le parole che lo hanno rappresentato sono senza dubbio “rigore nei conti”, “privatizzazioni”, “euro” e “patria”, parole specchio della alta problematicità degli anni vissuti tra palazzo Koch e palazzo Chigi, via XX settembre e Quirinale poi.

Da Governatore e da Ministro ha guidato la moneta nazionale attraversando la fine degli anni di piombo, gli anni del boom craxiano e quelli della feroce crisi dei primi anni ’90, la svalutazione della Lira, la fuoriuscita  dallo SME.

Nel frattempo crollavano il sistema del pentapartito e la Prima Repubblica. Tangentopoli sconvolgeva quello che era stato il sistema Italia, e la sfiducia nelle Istituzioni era pressappoco totale. In quegli anni non dimentichiamo gli scandali pseudomassonici, le stragi mafiose, le spinte federaliste e poi secessioniste della neo-affermata Lega Nord.

È stato l’uomo giusto nel momento giusto, prima come ultimo Presidente del Consiglio della prima Repubblica, portando la nazione alle votazione che avrebbero visto il trionfo di Berlusconi, poi come Presidente della Repubblica, succedendo alla difficile presidenza Scalfaro (in lotta aperta con la maggioranza di governo uscita dalla urne nel 1994). Era opportuno che il ruolo di arbitro fosse occupato da un uomo semplice, limpido, mai volgare, pacato, rigoroso, stimato molto all’estero. Era la persona che poteva dare credibilità ad un Paese alla deriva. E così è stato, puntando sui valori della Patria, della bandiera, dell’unità nazionale, sulla sobrietà, riscontrando immediato affetto della nazione, sia per lui che per la moglie donna Franca. Sono stati un po’ i nonni d’Italia, unici punti fermi in un panorama semi-apocalittico.

Quello che la Storia ci dirà, forse già entro pochi anni, è se e quanto sia stato lungimirante economista (parlo ovviamente dell’Euro). È stato un premier ed un ministro dedito ai tagli e sacrifici (dopo la finanziaria di Amato, lacrime e sangue), alla razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, alla lotta agli sprechi, al rigore imposto dall’Europa per l’ossessivo rispetto dei parametri di Maastricht, ed è merito (o colpa?) sua se oggi utilizziamo la moneta unica. Fu lui, quale ministro dell’Economia a fissare il cambio lira / euro a 1936,27=e a preparare il passaggio alla nuova moneta.

Non posso dimenticare, inoltre, che fu colui che portò da premier il G7 a Napoli, città che ha sempre amato.

Ma il ricordo più simpatico e  fuori schema che ho è del  1998, quando  in collegamento con Domenica IN, presentò in un abbigliamento informalissimo e con un “Veda Frizzi…” iniziale, la moneta da 1 euro, per la quale aveva scelto l’uomo vitruviano per ricordare che  “oltre la moneta c’è l’uomo. La moneta è uno strumento, non un fine”.

 

immagini:

foto ufficiale del Capo di Stato; foto G7 dal Corriere del Mezzogiorno; foto da La Stampa del 9/2/1998.