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De odio napolitanorum: ovvero perché “impiccare” Higuaín

Io odio Gonzalo Gerardo Higuaín.
Lo odio e non mi vergogno di ammetterlo. Anzi, quando l’ho realizzato e sono riuscito addirittura a dirlo pubblicamente, sono stato meglio, molto meglio. Sono un tifoso, un tifoso passionale. Sono legato alla mia squadra da un cordone ombelicale che non solo non può essere reciso, ma che presuppone un attaccamento viscerale, sanguigno, totalizzante e totalitario. Ecco, il tifoso napoletano vive il calcio così, meno di questo non è e non potrà mai essere.
Non andiamo allo stadio per distrazione, per diletto, per lo spettacolo. Noi ci andiamo per fede. E per noi intendo proprio tutti, perché il tifo napoletano è interclassista, intergenerazionale e inter-genere. Conosco signore di sessanta anni che passano tutta la giornata a seguire tutte le trasmissioni possibili sul Napoli invece di vedere il Segreto. Tutti noi tifosi napoletani in questo momento odiamo Higuaín. Anche chi ancora non riesce ad ammetterlo pubblicamente perché se ne vergogna.
Perché ha paura di passare per antisportivo, perché è sconveniente, sempre, esternare i propri sentimenti. Ma come si può vivere così? Perché si sottovaluta il potere terapeutico, quantomeno, di un banalissimo vaffanculo? Perché “schiattare” dentro solo per salvare le apparenze? Sfogatevi, vomitatelo il vostro odio, fate come me. Vi assicuro che dopo starete molto meglio. La sublimazione della violenza e degli istinti più bassi di tutti noi è da ormai quasi un secolo incanalata nel calcio, come ai tempi dei romani lo era nei combattimenti tra gladiatori. È una necessità umana, costante nei secoli. Non vi vergognate, sublimate il vostro odio, mandate Higuaín a fanculo, impiccate pupazzi e fate riti vudù sulle magliette numero 9.
Sfogatevi virtualmente e a parole.
Per il 2 aprile, giorno di Napoli Juventus, avremo davvero sublimato tutto e riusciremo ad accoglierlo con quello che merita veramente: l’indifferenza.

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