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Terror Haze, l’intervista di Lineapress: Napoli, il rap e la sperimentazione

Terro Haze

Il ritratto senza filtri del rapper napoletano e del suo mondo

Non è la prima volta che parliamo di Terror Haze (al secolo Ugo Buonfiore), artista rap della provincia a nord di Napoli. Tempo fa abbiamo recensito il suo ultimo lavoro discografico “Nessuna Ricompensa“, una summa di tutte le sue esperienze precedenti ed una sorta di passi per la maturità artistica.

Questa volta le nostre strade si incrociano per un’intervista per parlare di tutto, partendo dalle prime idee per il disco, passando per il notevole lavoro in studio con il producer Mauro Romano e arrivando a piccole perle personali come l’amore folle per il cinema e la grande influenza che ha avuto sulla sua musica.

Come è nato questo nuovo album? Cosa è cambiato in termini musicali e quali sono state le tue fonti di ispirazione?

“Per raccontare com’è nato “Nessuna ricompensa” bisogna tornare indietro nel tempo, nel 2014. Avevo appena ultimato il mixtape “Nella giungla di cemento volume 2” che racchiudeva gli stili e il vissuto di più di trenta artisti tra rapper e produttori provenienti dall’hinterland campano, Italia ed Europa. Avendo una rete cosi ampia di artisti ho potuto subito iniziare a lavorare con i beatmakers a nuove strumentali ed a scriverci sopra.

Passando allo stile, penso non ci sia stato un vero e proprio cambiamento musicale, se non forse per le metriche e il tipo di flow che in questo nuovo disco sono più “calmi”, i ritmi più lenti rispetto a quelli serrati ed esplosivi dei primi tempi. Forse negli anni quell’esplosività si è trasformata in una vera e propria ricerca di me stesso, quindi come in un normale percorso di vita, sono cresciuto anche nella musica e nella ricerca e la sperimentazione di nuove sonorità.
Il titolo del disco ha una sua storia. La vita mi ha portato a fare milioni di esperienze e sono sempre più convinto che non esiste una vera e propria “ricompensa”, se non che la vita stessa sia un dono e quindi bisogna solo viverla senza filosofeggiare e non aspettarsi niente da nessuno.”

Andiamo più sul tecnico. Parlaci un po’ del lavoro in studio e delle idee sviluppate per raggiungere un sound così ricco e dinamico.

“Sono partito raccogliendo un bel numero di produzioni musicali, strumentali già complete o anche solo bozze insieme ai miei beatmakers di fiducia, e subito ho iniziato a scriverci sopra. Ho avuto la fortuna di iniziare a lavorare con Mr.Few (secolo Mauro Romano), artista e producer di primissimo livello. Chiusi in studio per più di un anno abbiamo rielaborato e riarrangiato tutti i beat che arrivavano da alcuni dei più importanti beatmakers come Luciano Romano aka Luciano Pain, Vittorio Improta aka The Aviator prod., Giovanni Saviano aka GeeLove e Danny Blone aka Beatdeella dalla Colombia. Fare questo lavoro è stata un’operazione di professionalità e competenza resa possibile appunto da Mr. Few che ha contribuito non poco alla mia crescita artistica ed umana.

Ecco quindi spiegata l’unicità di questo particolare sound, che si rispecchia nel rap underground ma va oltre i limiti convenzionali raggiungendo anche il pop classico con suoni strumentali come i bassi suonati o l’aggiunta di synth e pianoforti. Insomma è stato davvero una mescolanza di conoscenze e di panorami musicali differenti tra noi del rap, della cultura hip-hop e le conoscenze musicali ed esperienze compositive e di produzione “world wide” di Mr.FEW.”

Molte sono le collaborazioni nel tuo disco. Come sono nate? Che ruolo ha l’amicizia ed il rispetto in un contesto diretto, esplicito e spesso duro come quello del rap?

“In tutta sincerità, parlo del contesto di Napoli, ho notato che in realtà esiste una finta stima tra gli artisti del panorama rap. Dico questo perché negli anni si sono susseguite una serie di vicende che ho vissuto da spettatore ma che mi hanno portato a pensare proprio a questa cosa. Nel mondo Hip-Hop spesso si sente pronunciare questa frase: “Il vero riconosce il vero”.
Sono sempre stato lontano dalla falsità tra artisti o le gelosie che possono nascere . Ho fatto il mio percorso, con la mia testa, col tempo mi sono guadagnato la stima e il rispetto di tutti gli artisti con cui ho collaborato. Di conseguenza ecco che nascono collaborazioni anche con gente più importante, rispettata e conosciuta a livello internazionale della scena rap.
Ad affiancarmi nei rap, oltre ai beatmakers, ci sono artisti internazionali come Blaq Poet da Brooklyn insieme a Ruste Juxx discepolo di Sean Price. Poi troviamo Grand Surgeon, Inf Blaq un giovane rapper di Staten Island, e Dj Enyoutee, tutti provenienti da New York. Dal punto di vista della comunicazione tutto è stato facilitato dai social che ti permettono quasi in tempo reale di scambiare idee. Un forte legame di amicizia è nato proprio con il producer DJ Tray, che ho conosciuto grazie alla mia vecchia partecipazione ad un altro grande progetto datato 2013 della crew sarda “Dirty Dagoes” (“Dirty Dagoes Mixtape volume 2”).”

Nel tuo lavoro ci sono riferimenti cinematografici e cantautorali. Spesso ritornano, in questo tuo mix trasversale di arti, tematiche come l’isolamento, il rifiuto delle convenzioni dominanti, la denuncia sociale. Quali sono i tuoi autori preferiti nel cinema e nel cantautorato italiano?

“Mi definirei un “cine – maniaco”. Di base preferisco i film d’autore, ma anche registi e film che hanno avuto un successo commerciale, per la loro qualità, senza appunto perdere il loro reale significato.

Martin Scorsese con “Taxi Driver”, Francis Ford Coppola con “Dracula di Bram Stoker” e “Apocalypse now”, David Lynch con “Blue Velvet”, per citare alcuni nomi di registi e titoli di film che mi hanno sconvolto, veri e propri capolavori cinematografici, senza dimenticare uno dei più grandi geni del cinema mondiale, Stanley Kubrick. Tra gli italiani cito Fellini ed Antonioni, ma anche registi “di rottura” per l’epoca, come Pasolini e l’immancabile Nanni Moretti. Oggi non sono da meno Tornatore e Sorrentino. Le storie di gitani e la dimensione onirica di Emir Kusturica resta indimenticabile. Infine un posto speciale lo riservo al cinema estremo giapponese: film come “Tetsuo the iron man” di Shinya Tsukamoto, “Tokyo Decadence“, “Ichi the killer“, “Battle Royale”, “Marebito“… e moltissimi altri, serie come MPD Psycho di Eiji Otsuka

Dal punti di vista musicale ho assorbito mille influenze ed ascoltato di tutto dalla techno di Jeff Mills alla classica di Chopin, passando per il rock’n’roll di Led Zeppelin e le sperimentazioni dei Doors. Grande spazio ha avuto la scena italiana con De Andrè, il duo Mogol- Battisti, Battiato, gli indimenticabili CCCP. Il rap mi ha rapito appena dodicenne grazie a mostri sacri come Non Phixion, Jedi Mind Tricks, Necro, 2Pac, Wu Tang Clan, così come i napoletani La Famiglia e i 13 Bastardi.”

La periferia nord di Napoli. Questa zona franca dove la tua musica e le tue cronache rap fanno da colonna sonora ad un ambiente che lascia poco spazio alle potenzialità e ai mezzi di espressione. Quale è il ruolo del rapper in questo contesto?

“La cosa fondamentale che cerco ad ogni costo di portare avanti è la veridicità dei miei messaggi, e quindi la genuinità e la sincerità del mio personaggio sia in termini musicali che personali proprio. Vivendo nella periferia nord di Napoli, spesso gli artisti emergenti difficilmente riescono ad uscire un po’ per la scarsità di mezzi un pò per una sorta di ignoranza collettiva che va ricollegata al luogo di provenienza e a quello che la gente è abituata a vivere o ad ascoltare parlando sempre di generi musicali. Ci sono ancora molti stereotipi e pregiudizi legati alla figura del rapper che spesso non fanno altro che infangare questo genere piuttosto che elevarlo.

Ma voglio comunque ricordare che è proprio dalle periferie che nascono e crescono le vere realtà musicali e artistiche. Un esempio lampante anche se non del genere musicale rap è quello dei Napoli Centrale, degli Showman di Mario Musella, Franco Del Prete e James Senese che sono partiti da un paese dell’hinterland napoletano, Frattamaggiore, per poi arrivare ad essere conosciuti ed approvati a livello nazionale.

Il ruolo del rapper in un contesto cosi difficile e avaro come la periferia appunto è quello di portare la periferia ad un livello superiore, di migliorarla, migliorando di pari passo se stesso. In ogni caso sta sempre al pubblico trarre le giuste osservazioni e conclusioni per quanto riguarda quello che ti trasmette quel determinato genere o canzone, e parlando di rap, è sempre il pubblico a decidere un po le sorti e la fama.”

Quanto è difficile restare coerenti con se stessi nella scena musicale italiana dove anche il rap è stato trasformato in una vetrina commerciale?

“Penso che il discorso sia molto più ampio e con molte più sfaccettature. Il restare coerenti con se stessi credo faccia parte più di un discorso relativo a come si è fatti dentro: nel mio caso, ho sempre cercato di rimanere me stesso, aldilà della possibilità di adeguarmi o omologarmi alla massa.
Non ho mai seguito il gregge, anche se posso esserne stato influenzato in alcuni casi, ma non è nella mia indole accomunarmi o cercare consensi o semplicemente scendere a compromessi. Credo che quello che ho da esprimere sia molto più importante e valido di una qualsiasi cosa fatta solamente per destare un’attenzione fittizia o per diventare virale grazie al progresso della tecnologia e della vita social che oggi non fa altro che ingrandire anzi ingigantire fenomeni. Tutto ciò non aiuta per niente la cultura e la diffusione dell’arte.
La mia intenzione principale è di fare del mio strumento un arma di difesa contro queste cose.”

A quale canzone del tuo album sei più legato e perché?

“Sono legato a tutte le canzoni dell’album. Se dovessi dire quali sono per me più significative, direi “Down the dark” e “Frankie Furioso“.

Down the dark (prodotta da Luciano Pain e Aviator prod. feat. Ruste Juxx), ha un beat ipnotico che si lega benissimo al testo ed al periodo a cui faccio riferimento: ” Cammino a passo lento per le strade del tormento, con il cuore che si blocca e logora per lo sgomento, la morte dietro mi sta raggiungendo ma cerco di restare calmo, per godermi quel momento, qui non mi avranno mai vivo…“. Qui sto descrivendo un periodo della mia vita dove ho vissuto all’estremo tutto, dove l’alcol, l’assunzione di droghe e la continua ricerca dell’oblio mi hanno portato ad uno stato di perdizione tale da accettare anche la morte e di non averne paura essendo la morte stessa forse la vera vita, quella che si dice eterna.

Invece la traccia “Frankie Furioso” (prodotto da GeeLove aka Giovanni Saviano) racconta dell’efferato assassinio di un mio amico fraterno, Antonio “Antony” Franzese, soprannominato “Frankie Furioso”. Antony è stato assassinato con una pugnalata al petto durante il Monegros festival, che si è tenuto in Italia per la prima volta il 1 giugno 2015. Antony è stato ammazzato da ignoti davanti agli occhi di più di tremila persone che partecipavano quel giorno al festival verso le prime luci dell’alba del 2 giugno. Il festival è continuato nonostante l’omicidio per altre due o tre ore prima che la musica terminasse. La vicenda col tempo è stata insabbiata grazie anche all’omertà di più di tremila partecipanti nonché all’incompetenza a mio avviso degli inquirenti e alla mancanza di interesse da parte dello stato italiano per l’accaduto. In seguito alla tragica notizia ho cercato quindi di smuovere le coscienze delle persone che magari avevano potuto assistere ed incentivarle a parlare ma senza nessun risultato concreto.

Frankie Furioso” quindi è un inno ad Antonio Franzese e alla speranza che un giorno le cose possano cambiare, lottando contro la camorra, la criminalità e l’omertà attraverso la musica e la potenza espressiva del rap.”

Come saranno i tuoi live? Chi collaborerà con te dal vivo?

“Non posso svelarvi molto ma posso certamente dirvi che non sarà il classico live del classico rapper. Io e il mio produttore stiamo sviluppando delle nuove idee per rendere ancora più unica l’esperienza d’ascolto della musica e del mondo di Terror Haze.
Il live sarà accompagnato da arti visive, molto probabilmente la musica sarà suonata da una vera e propria band di musicisti più il dj ma non vi sarà nulla di convenzionale a partire dal look per passare alla musica e allo spettacolo in se.”

Negli anni sono cambiati i mezzi ed i modi di divulgazione della musica, così come la fruizione della stessa, resa molto più veloce ed immediata dall’uso di Internet. Cosa ne pensa di questa evoluzione un rapper che ha iniziato alla vecchia maniera con mixtape e diffusione fisica del proprio lavoro? Su quali piattaforme hai deciso di diffondere la tua musica e quali sono i tuoi legami con la vecchia scuola intesa come diffusione attraverso cd, Lp, musicassetta e merchandising?

“Si, i tempi cambiano e la tecnologia avanza facendo sì che si perdano spesso i veri legami col passato, le radici. Nel campo musicale però sono ritornati sul mercato i vinili e le musicassette soprattutto nell’ambiente Hip-Hop. Come ben dicevi sono partito con la distribuzione di copie fisiche dei miei primi mixtape come si faceva anche un tempo a New York o in qualsiasi stato americano tra dj e rapper, portando la propria musica a tutti, gente incontrata per strada, amici, radio, cultori del genere ed anche fans.

Oggi che sono passato con un etichetta discografica inevitabilmente le cose sono cambiate. È un modo molto veloce ed efficiente se si pensa che oggi tutti ascoltano musica on-Line su piattaforme come iTUNES, SPOTIFY, DEEZER, QUOBUZ, GOOGLE MUSIC e moltissime altre. Il mio nuovo album lo potete appunto trovare su queste piattaforme e molte altre sparse in rete sia europee che internazionali. Ma resto comunque legato alla tradizione e al disco in copia fisica che stiamo ultimando insieme al grafico illustratore che ne sta curando il booklet e tutti gli interni, appena sarà pronto il tutto partiremo con una campagna di pre-order per far sì che anche tutti gli amanti del formato compact disc possano acquistarlo e tenerlo nella propria collezione di cd.

Credo comunque che con l’avvento di internet la musica ne abbia giovato, soprattutto generi come il rap, la Trap, la musica techno anche. C’è molta più diffusione e questo fa solamente bene sia agli artisti che alle case produttrici e alle major se si parla in termini tecnici commerciali.”

Restando sul concetto di “copia fisica”, ovvero cd packaging e booklet, chi ha curato la veste grafica di “Nessuna Ricompensa”? Osserviamo la crew in una visione a metà tra i lavori di George Romero e “Thriller” di Michael Jackson, ma con una decadenza moderna. Ci spieghi il significato?

“Il progetto grafico è stato interamente curato da Marco Badanai in arte BLUMB DESIGN, un grafico illustratore professionista che in passato ha collaborato con molte crew e molti artisti del rap come “Propaganda records”, Egreen, Honiro panel ecc. L’idea di farci raffigurare così in copertina è nata appunto dall’unione delle nostre mentalità e delle nostre affinità artistiche. Questo genere zombie che tanto si avvicina appunto allo stile di George Romero è servito per rendere appieno il concetto di “non morti”, o “morti che camminano” in mezzo ai vivi per manifestare quest’idea di decadenza e di morte che mi accompagna da sempre e lega con la mia filosofia artistica. In poche parole siamo quelli che tornano dalle loro tombe per portare un messaggio univoco: Moriamo per vivere e viviamo per morire!.”

“Terror Haze”. Un nome di battaglia che ben si adatterebbe qualche personaggio del film “I Guerrieri della notte”. Ma questa è solo la mia opinione…ci spieghi come ci sei arrivato e cosa significa per te?

“In partenza il nome Terror Haze nacque dall’accostamento di due parole, “Terror”, in inglese “Terrore” ed “Haze”, ossia “nebbia”, “foschia”, “confusione”.
Essendo io molto legato al mondo della poesia e dei poeti maledetti dell’800 francese come Baudelaire, Rimbaud, Verlaine, e al mondo macabro dei racconti di Edgar Allan Poe, William Blake, ma anche Stephen King ed H.P. Lovecraft, ho accostato questi due termini  immaginandomi questa “Terror Haze”, questa nebbia di terrore che invadendo le persone le confonde e le terrorizza portandole in un mondo oscuro e tenebroso.

Poi col passare del tempo gli è stato associato anche il significato più banale o comune, di quest’erba terrificante che fumandola ti porta in stati alterati e terrificanti della psiche… Terror Haze!”

 

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