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La mappa dei soldi falsi a Nord di Napoli: il 30% andava al clan

13 provvedimenti eseguiti dalla guardia di finanza: in una operazione che coinvolge Casoria, Marano, Torre Annunziata, Giugliano, Torre del Greco, Santa Maria Capua Vetere. Ecco i guadagni del clan Mallardo sul business dei soldi falsi.

Stando alle parole di un pentito, Giuliano Pirozzi, il clan guadagnerebbe circa il 30%: il periodo di cui parla lo stesso Pirozzi risale al 2013, precisamente al 14 maggio. Il collaboratore di giustizia, infatti, tratteggiò prima il profilo di uno dei 13 (Enrico Cante), destinatario del provvedimenti di divieto di dimora, per poi parlare del clan Mallardo: in particolare dei guadagni provenienti dalle attività di falsificazioni di monete.  Così le definì:

Una attività riferibile sempre ai Mallardo, in quanto il clan percepisce il 30% annuo sugli utili di questa vendita di banconote false, ma interviene anche aiutando a creare le basi logistiche per la distribuzione sul territorio e all’estero grazie ai legami che nel corso degli anni i Mallardo hanno instaurato in tutta Italia.

Stando al racconto dello stesso Pirozzi, Enrico Cante gli avrebbe riferito nel settembre del 2012 che:

Stava organizzando un traffico di soldi falsi con la Romania, con la Bulgaria ed in generale con i paesi dell’Est e che si stava occupando anche della stampa delle banconote rumene. Mi disse che avevamo una aggancio in Romania grazie a delle ragazze del posto e che in quel posto stavano organizzando una sede per la produzione delle banconote dell’Est.

 

 

I 13 provvedimenti sono stati eseguiti nei confronti di persone appartenenti ad un gruppo che si occupava di produzione e commercializzazione di soldi falsi. Ora, la notizia è che sono incorso indagini che riguardano altri filoni che tra loro si intrecciano. Da notare, però, che in quest’ultima inchiesta non ci sono contestazioni di tipo camorristico. Nelle pagine del provvedimento si legge che:

Vi sono degli elementi di sospetto certamente suggestivi sulla vicinanza dei giuglianesi agli ambienti camorristici della zona. Tuttavia le fonti di prove acquisite non fanno emergere l’interdipendenza tra le condotte dei singoli  associati indispensabile per ravvisare quella comunità dal fine criminoso , quella comunanza di interessi  che costituisce il substrato materiale del delitto in esame. Carente è il profilo dell’affectio societatis, vale a dire la consapevolezza da parte dei singoli associati di far parte di un sodalizio durevole e di essere disponibili ad operare nel tempo per l’attuazione del comune programma criminoso.