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PD, ora comanda De Luca. Tremano i vertici democrat, Carpentieri sulla graticola

NAPOLI. «Renzi è un deluchiano della prima ora». Scherza Vincenzo De Luca, ma mica tanto: ormai a Napoli e in Campania le sorti in mano del partito ce le ha lui. Dopo la clamorosa sconfitta del Pd alle elezioni il premier ha un solo interlocutore: il presidente della Regione Campania. Ed è lui a rilanciare dopo mesi di silenzio la questione commissariamento «Un’esigenza ancora viva e presente», l’ha definita De Luca, annunciando che parlerà a Renzi per dire «le cose sulle quali portare correzioni». Ecco perché ora i dirigenti locali del partito responsabili del disastro tremano. Lo sceriffo è uomo del fare, dei ‘personaggetti’ delle correnti se ne infischia.

L’ha dimostrato in Regione dove in giunta non ha regalato poltrone neanche a mister 30mila voti, Mario Casillo. E durante le elezioni amministrative da cui si è tenuto a debita distanza, certo già del disastro. Salvo poi esporsi quando gliel’ha chiesto il premier per giocare la carta del duo Renzi-De Luca, come ultimo tentativo per vincere la partita con la candidata Pd, Valeria Valente. Ed è proprio lei l’unica che si potrebbe salvare in questa resa dei conti. Ci ha messo la faccia, si è presa da subito le responsabilità della sconfitta e sta facendo opposizione in Consiglio comunale.

«Di certo abbiamo bisogno di un partito forte per fare opposizione al sindaco – dice – non so se la formula del commissario sia quella giusta, né ho una ricetta al momento, ma credo che la priorità ora sia il referendum, anche se di certo esiste un problema Pd che va affrontato con una discussione politica seria, senza capri espiatori». In realtà il problema Pd è che il Pd a Napoli non esiste: esistono vari capibastone che si dividono pacchetti di voti e pezzi di territorio. E che anche in queste ore lavorano in costante contatto con i loro ‘capi area’ a Roma, perché commissario o no, prima o poi un segretario provinciale dovrà essere nominato al posto di Venanzio Carpentieri che vogliono sia unico capro espiatorio. «Ognuno ha le sue responsabilità – dice Tonino Amato – ma c’è chi per ruolo ne ha più degli altri. Se il commissario serve per rilanciare il partito ben venga, ma bisogna ripartire dalla rigenerazione dei circoli e mettere da parte gli orticelli personali, le componenti e le appartenenze, credo convenga a tutti ora anche a Casillo e Topo che il Pd torni ad essere una fucina di idee e di forze nuove.

In questa fase a darci una mano può essere Antonio Bassolino, politico di grande esperienza». E proprio Bassolino sul Referendum mostrerà tutta la sua forza negli ultimi tre giorni della sua festa stile Unità al Circolo Ilva di Bagnoli per ritagliarsi quel ruolo di tramite tra de Magistris e Renzi. Intanto altro che discussioni e autocritiche, non ce ne sono state nel dopo elezioni, figuriamoci ora. Così mentre i nomi dei commissari che circolano sono sempre quelli di Ettore Rosato, Matteo Righetti e Ernesto Carbone, l’asse Mario Casillo – Lello Topo in realtà si sta adoperando già per il dopo e punta su Ciro Buonajuto, delfino di Renzi come nome da proporre per la segreteria provinciale e per non perdere terreno. «Esiste una crisi politica nel Pd e nella segreteria regionale – denuncia Tommaso Ederoclite – e anche De Luca arriva in ritardo sul dibattito che il partito avrebbe dovuto fare tre mesi fa.

I capicorrente sono responsabili del fallimento e hanno dimostrato di non essere più capaci neanche di muovere elettori, oltre a non saper parlare alla città. Così come i consiglieri regionali che non intervengono su questioni e temi pregnanti come il Welfare: non esiste programmazione, né una linea politica ». Ora se a decidere sul commissario a Napoli sarà davvero De Luca o Renzi sarà ancora ostaggio delle correnti romane lo si capirà nei prossimi giorni.

(Fonte: MetropolisWeb, Marina Cappitti)