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Referendum: Comunque vada vince Renzi

Tutti politologi, tutti contenti se vince il #NO e non per la sconfitta di chi vuole il cambiamento ma per la sconfitta di Renzi. Tutti fieri se vince il #SI, ma non per la vittoria in se, ma per aver dimostrato che il taglio di Renzi con l’accozzaglia del passato è netto, deciso. In realtà, #Renzi è proprio l’unico che il 4 dicembre non perde.

Il motivo è semplice e può trovare fondamento in due scenari, tanto banali quanto facili da immaginare.

Siamo al 5 dicembre.

Vince il Si. Siamo tutti dell’opinione di quanto sia superfluo parlare di quanto Renzi abbia dimostrato al paese in termini di rappresentanza popolare, e di quanto il paese gli debba riconoscere il merito di aver cambiato un qualcosa che non ne voleva proprio sapere di cambiare.

Vince il No. L’ “accozzaglia” avvia i festeggiamenti per la tanto agognata fine politica di Renzi. Passano 12 ore. Festeggiamenti. Passano 24 ore. Già qualcuno si rende conto che quel poco da festeggiare è già finito. 36 ore. La realtà arriva, fredda, glaciale proprio come le temperature di questo inverno. Una realtà fatta di vuoto politico e nuove occasioni di contrasto, terreno ideale per i governi tecnici.
In un post di pochi giorni ho scritto che “più si avvicina il #4dicembre e più credo che la sconfitta del #NO sarà causata da una personalizzazione al contrario del referendum, la quale, sta trasformando un voto di merito in un “tutti contro #Renzi”.
Una scelta non proprio condivisibile quella di personalizzare il fronte poco coeso del NO. Ricordiamo tutti l’effetto “uno contro tutti” che da Berlusconi a Trump, passando per Bush jr. ha caratterizzato gli ultimi venti anni di politica nazionale e internazionale. Un effetto che laddove Renzi perdesse, aldilà del risultato, regalerà allo stesso una legittimazione molto forte su quanto, “da solo”, abbia inciso su questo voto costituzionale. Molti dicono che il NO schiaccerà il SI. Che l’accozzaglia cancellerà la scrofa ferita. Ne dubito fortemente, visto il recupero del SI delle ultime ore. Ad ogni modo se Renzi perderà, non sarà per un 80% a 20%, come pensano i tanti tifosi del no. La forbice, con la dovuta accortenza, oscillerà tra un 52% a 48%; il che significa che con la legittimazione di cui sopra, il ragazzo di Rignano sull’Arno potrà intestarsi un valore pari a quasi la metà dei votanti. Cosa che nessuno del fronte opposto potrà fare, consci che quel 52% non potrà essere di proprietà nè di un partito né di un leader politico.
Nel caso di vittoria dell NO la tanto auspicata mossa delle “dimissioni” diventerebbe un temibile boomerang per la stessa “accozzaglia” che, da non coesa e unita sui punti programmatici di un eventuale nuovo governo, dovrebbe fare i conti con un valore assoluto troppo grande da poter non considerare. I rapporti di forza del nuovo eventuale governo di transizione resterebbero immutati, con l’unica eccezione che vedrebbe l’unico da aver accresciuto i propri consensi, proprio il premier dimissionario Renzi.
A quel punto, che sia o meno a capo del nuovo governo, ne deciderà comunque la linea e gestirà l’inevitabile revisione della legge elettorale, caratterizzandola ancora di più da sconfitto che da vincitore. Ma questa ovviamente, è un’altra storia.

Per ora non resta che augurare un buon voto a tutti noi, nella certezza che la somma delle forze in gioco in questo referendum ha come risultante una costante positiva per il solo premier. Qualunque cosa succeda, il banco vince. Un banco che con molta probabilità sembra essere più “imbattibile” nella sconfitta che nella vittoria. Detto tra noi, non vorrei proprio essere tra quelli del fronte del NO il 5 dicembre.