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Salvatore Conte, metafora della trasformazione della camorra di oggi

L’uscita di scena di Marco Palvetti, alias Salvatore Conte, ha lasciato senza fiato un po’ tutti. Ma cosa rappresentava Salvatore Conte nella serie Gomorra?

di Andrea Saviano

Chi ha seguito la prima stagione di Gomorra si è sicuramente accorto della grandissima differenza che c’è tra Conte e gli altri profili criminali descritti. Osservando il suo profilo possiamo dire che Conte è molto più vicino allo stereotipo di “uomo d’onore” dello scorso secolo che a quello che oggi viene definito “guaglione do sistema”.

Salvatore Conte rappresenta l’appendice che lega la nuova camorra a quella vecchia, quella dei singolari codici etici, dell’invulnerabilità apparente, delle ostentazioni di sicurezza, quella dei capelli lucidi e degli abiti cuciti dai migliori sarti del mondo. Una camorra che parlava attraverso immagini, silenzi, gesti, gigantografie di Santi, processioni, quella degli uomini che non si lasciavano distrarre dai soldi, dal potere, dalle donne né da altri “vizi”, la camorra che dietro le quinte ha mosso i fili dello Stato e ne ha deciso le sorti.

“L’uomo che “può fare a meno e’ tutte cose” tranne che di Dio e di sua madre, un uomo d’altri tempi prestato alla alla camorra di oggi. Questo rappresenta Salvatore Conte nella prima serie di Gomorra.

L’evoluzione del personaggio

Nella seconda stagione qualcosa cambia. L’invulnerabile boss dallo sguardo impenetrabile, si ritrova a fare i conti con l’uomo vulnerabile che non solo interferisce con la sua vita ma ne compromette anche le sorti. Il volto in lacrime del boss descrive in maniera impeccabile e travolgente – grazie anche alla strepitosa interpretazione di Marco Palvetti – la condizione che vive ogni uomo d’onore. Il faccia a faccia tra l’uomo e l’uomo d’onore. Il primo con le sue emozioni, i suoi istinti, le sue voglie, le sue debolezze e la necessità di mostrare tutto questo al mondo e apparire come un essere umano; il secondo, artefatto, studiato, impenetrabile che ha la necessità di annientare l’essere umano per farsi strada verso la cima della cupola a colpi di kalashnikov.

Insomma, una lunga e difficile guerra che non ha e non avrà mai né vincitori né vinti e il cui epilogo sarà sempre drammatico. In ogni caso, per la storia che gli autori intendono raccontare, questo snodo rappresenterà sicuramente una delle matrici da cui nasceranno gli intrecci che renderanno il racconto avvincente. Ma noi spettatori, con impressa nella mente la faccia di Salvatore Conte in lacrime, porteremo la tristezza nel cuore ad ogni puntata che seguirà quella della sua morte.