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Telefonini e droga in carcere: 5 ordinanze per corruzione di pubblico ufficiale

5 persone accusate di concorso esterno in corruzione di pubblico ufficiale

Al termine di un’inchiesta partita a luglio del 2016 e conclusasi a settembre, sono state emesse 11 ordinanze di custodia cautelare: 4 persone sono in carcere, 1 agli arresti domiciliari per altri 6 è stato fissato l’obbligo di dimora. Il provvedimento è stato emesso dal gip del Tribunale di Frosinone su richiesta della loca Procura.

Ai domiciliari è finito un Assistente Capo (di 47 anni) della polizia penitenziaria presso il carcere di Frosinone, in carcere sono un albanese di 35 anni finito a Spoleto per droga, rapina e sfruttamento della prostituzione, un napoletano di 26 anni al carcere di Ariano Irpino per droga e rapina, un albanese di 37 anni ad Isernia per droga, un altro albanese di 26 anni ridotto agli arresti domiciliari: questi 4 erano in precedenza ristretti in carcere a Frosinone. In particolare 5 persone sono ritenute responsabili di concorso in corruzione di pubblico ufficiale: sono un cagliaritano di 51 anni, un 40enne ed una 45enne di Cardito, un 52 di Sabaudia ed un 38 di Latina. Per i due di Cardito c’è l’obbligo di dimora.

L’operazione è stata condotta dagli agenti reparto investigativo del Nucleo Operativo di Frosinone. Il tutto parte dal ritrovamento di un certo numero di telefoni cellulari in alcune celle all’interno del carcere di Frosinone. Da qui è partita la parte investigativa riguardante sia i telefonini sia le modalità di introduzione di questi nel carcere. Avveniva attraverso la corruzione da parte di 4 detenuti nei confronti di un assistente capo della polizia penitenziaria in servizio. Oltre ai cellulari, venivano introdotti  anche droga ed altre utilità non meglio individuate.

Sono tre le cessioni di cellulari accertate durante le indagini: muniti di carta sim e caricabatteria, oltre a 50 grammi di hashish e 2000 euro: denaro riservato alla guardia. I telefonini venivano usati sia per mantenere i contatti con i familiari sia per controllare le proprie attività illecite: ad esempio, il caso dell’albanese di 35 anni che curava la prostituzione della propria sorella e di altre ragazze tramite annunci e foto da postare su specifici siti di incontri. Lo stesso imponeva anche un codice di comportamento alle donne rimanendo in linea sia nella fase di contrattazione che di consumazione della prestazione sessuale. Il denaro era versato direttamente su una postepay con il detenuto che poteva controllare i propri movimenti dal cellulare ottenuto dalla corruzione del pubblico ufficiale.

I detenuti erano venuti a conoscenza della possibilità di munirsi di telefonini versando all’assistente capo una cifra tra 150 e 500 euro: denaro che veniva fatto recapitare in tre modalità: 1)attraverso un parente istruito sulla cosa o accreditamento su postepay 2) sfruttando i colloqui previsti. 3) attraverso l’utilizzo dei cellulari già a disposizione di uno de detenuti.