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Terza faida di Scampia: I collaboratori svelano le dinamiche dell’omicidio del boss delle Case Celesti

A cinque anni di distanza si fa luce sull’omicidio di Gaetano Marino, il boss delle Case Celesti, trucidato nel 2012 sul lungomare di Terracina.

In questi anni, ai racconti di Gianluca Giugliano e Carmine Annunziata –i primi a riferire dell’uccisione del boss- si sono aggiunti quelli di altri di altri collaboratori di giustizia come quello di Pasquale Riccio, alias ‘O Palluso, e Giuseppe Ambra,  ex affiliati al  sodalizio Abete-Abbinate.

Ad indicare per la prima volta Arcangelo Abbinate, figlio del boss Antonio, e Giuseppe Montanera come gli esecutori materiali dell’omicidio fu Giuseppe Ambra. Quest’ultimo, oltre ad indicare i due ras come gli esecutori dell’omicidio Marino, riferì dell’accordo tra questi ed il boss del Parco Verde di Caivano, Antonio Ciccarelli, che li ospitò in un’abitazione sicura subito dopo l’omicidio. Stando alle dichiarazioni di Ambra,  tra Il  boss del Parco Verde e i ras di Scampia, ci sarebbe un rapporto di vecchia data in quanto il Ciccarelli era imparentato con un affiliato al sodalizio degli Abete.

LA DECISIONE: L’agguato ai danni di Gaetano Marino, boss delle Case Celesti, stando alla ricostruzione del collaboratore di giustizia Giuseppe Ambra, sarebbe stata assunta dai vertici del cartello criminale Abete-Abbinante, durante la stagione della terza faida. In particolare, secondo l’Ambra, la decisione di ammazzare Marino sarebbe stata assunta da Arcangelo Abbinante, figlio del boss Antonio che avrebbe anche compiuto materialmente il delitto. Arcangelo Abbinante, seppur all’epoca dei fatti avesse solo 22 anni, era considerato un capo, riconosciuto non soltanto dalla cosca fondata da suo padre e dai suoi zii, ma anche dagli Abete. Questi ultimi sostennero l’idea di far fuori  Marino perché volevano  vendicare la morte di un loro affiliato, Ciro Abrunzo, avvenuta qualche mese prima nel quartiere di Barra, poche settimane dopo il tentato omicidio di Giovanni Esposito, ras degli Abbinante. Episodio quest’ultimo che diede vita alla cosiddetta terza faida.

ARCANGELO ABBINANTE: La terza faida di Scampia è stata una delle stagioni criminali più sanguinarie del nostro secolo. Durante lo scontro esploso tra i diversi gruppi criminali che si contendevano la gestione dei business dello spaccio e delle estorsioni, iniziato all’indomani del tentato omicidio di Giovanni Esposito, membro del cartello Abbinante, emerge la figura del baby sanguinario boss Arcangelo Abbinante. Stando a quanto dichiarato dai collaboratori di giustizia infatti, il ras sarebbe stato uno dei capi della batteria Monterosa. Di assoluta rilevanza sul piano investigativo, sono state le dichiarazioni di Carmine Annunziata, secondo il quale, il giovane ras  avrebbe svolto un ruolo di prim’ordine nell’organizzazione decidendo in prima persona quali dovessero essere gli obiettivi da colpire. Tra questi, oltre a Marino –boss delle Case Celesti– ci sarebbe anche Alfredo Leonardi, nipote del boss Antonio, ammazzato sotto casa per il mancato omicidio Esposito. Sempre Annunziata riferisce che, almeno nella prima fase dello scontro di camorra, il giovane Abbinante avrebbe vietato l’uccisione di figure di secondo piano.

La cosa cambiò con l’uccisione di Ursillo Roberto, che era un ragazzo che non contava niente e venne ucciso dal clan Vanella, o meglio, da quelli del lotto G, solo per colpire Bastone Antonio. Questo ragazzo faceva i passaggi di cocaina e quindi non poteva essere un obiettivo. Dopo la sua morte, si decise di colpire anche persone di minor rilievo. Arcangelo Abbinante parlò con Baldassarre Salvatore e Pippetto i quali vennero a dire a noi dei gruppi di fuoco che si potevano colpire anche Gargiulo Domenico ed un certo Benito. Fu proprio Abbinante ad ordinare la morte di Gaetano Ricci, referente del clan Vanella nel lotto G di Scampia. L’ordine fu trasmesso da Giovanni Marino, ex affiliato al sodalizio divenuto collaboratore dopo l’arresto per l’omicidio di Pasquale Romano.