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I 5 Stelle: “Sì al dialogo con la Lega”.

Oggi Iacoboni su “La Stampa” apre uno scenario possibilista nel rapporto tra la Lega e il MoVimento 5 Stelle, e lo fa a partire dalle dichiarazioni dei maggiori esponenti 5 stellati, in particolare dalle parole di Luigi Di Maio.

Ieri il vicepresidente della Camera se l’è cavata con una battuta, «a Salvini sfugge il fatto che sia io, sia lui non votiamo a Roma: io comunque ai ballottaggi, se non c’è l’M5S, non ho mai scelto nessuno degli altri contendenti». Però, quando è in giro, l’aspirante candidato premier del M5S ripete sempre «chi ci vuole votare ci potrà votare». Insomma: benvenuti i voti della Lega – specie se ci sono, e dove ci sono (Salvini pochi, ma Meloni tanti) – mentre ovviamente non c’è nessuna intenzione di prendere neanche in considerazione una leadership anti-sistema salviniana.

Oltre ai flirt via dichiarazioni, ci sono anche fatti concreti come le analisi di Casaleggio che mostrava nelle settimane precedenti al suo decesso.

Gianroberto Casaleggio aveva mostrato al suo più intelligente collaboratore dei grafici che non sono mai sostanzialmente cambiati: un cruccio del cofondatore era che il Movimento al Nord non sfonda. Se si eccettuano Torino e la Liguria, l’asse che va da Vercelli al Veneto vede il M5S piazzato, ma assolutamente incapace di decollare. Esiste una spiegazione semplice, e la fornisce un parlamentare del Nord Est: «Il Movimento al Nord è percepito troppo come quelli del reddito di cittadinanza, quindi come una forza assistenzialista, una specie di An del tempo che fu. Noi invece, nell’idea di Gianroberto, dovevamo concentrarci di più sul meno tasse, sulle piccole imprese. Questo non è avvenuto».

C’è un ultimo punto che penalizza il M5S al nord e che inevitabilmente fa pensare che ci sia una strategia atta a pescare nel voto leghista da parte del MoVimento:

il direttorio è un’entità integralmente romano-napoletana. È impressionante, ma non c’è uno del Nord.

Ecco, pare dunque che sul tavolo vi sia una vera e propria strategia per pescare nel bacino elettorale legista visto che i punti in comune sono per lo più elettorali e non politici. Il M5S deve dunque giocare sul tavolo della improbabilità di un tale accordo, e non dell’impossibilità, anche perché gli elettori dei 5 Stelle non capirebbero.
Ma si sa, in politica il più delle volte vale più il non detto.

Intanto online è già partito lo sberleffo.

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