Segnala a Zazoom - Blog Directory

Afragola: chiedono il pizzo ma finiscono in carcere

Una richiesta di pizzo che finisce con una ordinanza di custodia cautelare in carcere. Questo quanto accaduto a tre persone di Afragola: sono detenuti a Secondigliano.

Sono un 33enne e due 40enni di Afragola. Accusati di aver preteso una somma di denaro di circa 12.500 euro nei confronti dei titolari di un ingrosso di frutta e verdura: il loro scopo era quello di sostenere i carcerati. Il pizzo, però, non ha avuto esito positivo.I tre erano già stati raggiunti 20 giorni fa da un decreto di fermo che era stato convalidato dal gip. Ora è stata emessa una ordinanza di custodia cautelare, proprio da parte del gip del tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli nell’ambito delle indagini sulle attività illegali collegate alla criminalità organizzata. I tre sono ritenuti responsabili di tentata estorsione aggravata dalla modalità mafiosa.

I tre erano stati fermati venti giorni fa dai carabinieri del Nucleo investigativo di Castello di Cisterna con la stessa accusa. Durante le indagini furono eseguite perquisizioni  presso le abitazioni dei tre. In una occasione fu anche trovata e sequestrata una pistola semiautomatica di derivazione slava con matricola abrasa e 4 cartucce.  Secondo l’accusa i tre avrebbero fatto pressioni sulla vittima affinché questa versasse una quota fissa nelle casse del clan. I fatti risalirebbero ai mesi scorsi.Gli episodi contestati sono due: Nel primo, i tre si sarebbero presentati più volte dall’imprenditore chiedendogli un’offerta a piacere per i detenuti. Offerte che però non sono mai state corrisposte dall’imprenditore.

Nel mese di luglio –secondo l’accusa- ci furono due richieste di denaro. L’imprenditore avrebbe dovuto versare nelle casse del clan “un’offerta a piacere” entro il mese di agosto. In occasione della seconda visita però, i toni diventano più duri e decisi, i tre fanno chiari riferimenti ad altre personalità del clan già condannate. Infine, le richieste di agosto e settembre, avanzate direttamente alla moglie dell’imprenditore  che avrebbe dovuto “portare l’impasciata al marito di mettersi in regola con gli amici”. Nella seconda circostanza, stando all’impianto accusatorio, i tre avrebbero chiesto all’imprenditore di versare la somma di 12.500 euro sul conto di un altro imprenditore appartenente allo stesso ramo.