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Il colonnello Ultimo e la “bomba” per arrivare a Renzi. Ecco i retroscena

La trama è quella di un film di spionaggio, indagini che si incrociano e che portano a Renzi e con lui alle più alte cariche dello stato. Al centro dello scacchiere una donna: la procuratrice di Modena Lucia Musti.

La magistrata, lo scorso 17 luglio, in un’audizione al CSM, ha riferito che in un incontro tra lei, il capitano del Noe Scafarto e il colonnello Ultimo, avvenuto nella primavera del 2015, questi ultimi due le avrebbero detto:

“Dottoressa, lei, se vuole, ha una bomba in mano.

Lei può far esplodere la bomba. Scoppierà un casino. Arriviamo a Renzi”.

Si tratta, molto verosimilmente, della conversazione tra l’ex Premier Matteo Renzi e il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi. Conversazione contenuta nelle carte dell’inchiesta sugli affari della coop Cpl Concordia, aperta dalla Procura di Napoli e poi trasmessa per competenza territoriale nella città emiliana.

Il colonnello Ultimo però non ci sta e replica duramente a quanto detto sul suo conto, sostenendo di non aver mai agito per fini politici:

“Si tratta di una campagna di linciaggio mediatico nei miei confronti portata avanti con insinuazioni e falsità da alcuni organi di disinformazione funzionali alle lobby che da anni cercano di sfruttare il popolo italiano”

“Contrariamente a quanto riportato dalla stampa non ho mai spinto la dottoressa Musti a compiere azioni illegali e non l’ho mai forzata in nessuna cosa. Abbiamo sempre eseguito le indagini che ha richiesto e ordinato, con lealtà, umiltà e nei limiti delle nostre possibilità umane e professionali. Non ho mai parlato di Matteo Renzi né con la dottoressa Musti né con altri”.