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La notte buia dello Stato Italiano: 9 maggio 1978

Credevo fosse una notte come le altre,  quella dell’Italia del 9 maggio 1978. L’ho creduto fino a 5 anni fa quando a scuola la mia insegnante di filosofia decise di raccontarmi della notte di terrore che per sempre cambiò  l’Italia.

Nella Capitale c’era un uomo, si chiamava Aldo Moro, aveva 61 anni ed era il Presidente della Democrazia Cristiana.
Il 16 marzo 1978 la Fiat 130 che lo trasportava  fu intercettata da un commando delle Brigate Rosse all’incrocio tra via Mario Fani e via Stresa.
Gli uomini delle BR uccisero i cinque uomini della scorta (Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera, Francesco Zizzi) e sequestrarono il presidente della Democrazia Cristiana.
Dopo una prigionia di 55 giorni nel covo di Montalcini  le Brigate Rosse decisero di concludere il sequestro uccidendo Moro: lo misero dentro il portabagagli di un’automobile Renault 4 rossa e gli dissero di coprirsi con una coperta dicendo che avevano intenzione di trasportarlo in un altro luogo. Dopo che Moro fu coperto, gli spararono dieci cartucce uccidendolo. Il corpo dilaniato di Aldo Moro fu ritrovato nella stessa auto il 9 maggio in via Caetani.
Più a sud, a Cinisi, in Sicilia, c’era un giovane nato col destino segnato. Suo zio si chiamava Cesare Manzella ed era un boss mafioso. L’amico di suo padre invece si chiamava Gaetano Badalamenti ed era uno dei vertici della cupola di Cosa Nostra. Quel giovane si chiamava Giuseppe Impastato, meglio conosciuto come Peppino.
Peppino, col pugno chiuso e il sogno di cambiare la Sicilia nel cuore, cambiò il suo destino.
Parlava tanto Peppino. Lo faceva in strada, nelle piazze, ai microfoni di Radio AUT. Parlava dei rapporti tra mafia e politica, dei traffici illeciti dei cartelli mafiosi, parlava di appalti,  omicidi, droga, di quell’inarrestabile flusso di denaro che collegava la Sicilia al Nuovo Continente.
Parlava troppo Peppino, in una Sicilia abituata al silenzio.
Nel 1978, la sua sete di Giustizia lo spinse a candidarsi  alle elezioni comunali di Cinisi  con Democrazia Proletaria, ma non riuscì a sapere dell’esito delle votazioni perché il 9 maggio 1978, nella notte di Aldo Moro, all’ombra dei riflettori puntati su via Caetani, Peppino venne barbaramente assassinato dagli uomini di quell’amico tanto caro a suo padre. Col  cadavere di Peppino venne inscenato un attentato, atto a distruggerne  la sua immagine, ponendo una carica di tritolo sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia. Pochi giorni dopo gli elettori di Cinisi votano ancora il suo nome, riuscendo ad eleggerlo simbolicamente al Consiglio comunale.

Da 5 anni a questa parte,  dal giorno in cui mi parlarono di quella tremenda notte, ogni 9 maggio il mio pensiero va a loro. A quegli uomini che sognavano di cambiare l’Italia e che, per quel sogno hanno dato la vita.