Segnala a Zazoom - Blog Directory

Le radici del separatismo meridionale sono tutte eversive

Sarebbe davvero ingiusto fare finta di non aver udito il grido di guerra lanciato qualche giorno fa da Portici dal sindaco di Napoli, Luigi De Magistris che, invitato ad una iniziativa pubblica organizzata dai comitati “Portici Città Ribelle” e “Portici per il No”, con la sua consueta enfasi ha scaldato le folle pronunciando in maniera sintetica, ma estremamente decisa, come nel suo consueto stile, quello che si potrebbe definire un vero e proprio manifesto politico: “È venuto il momento per la lotta politica finale, dobbiamo riprenderci quello che ci hanno tolto. Da napoletano e da meridionale a governare altri 5 anni senza soldi dopo tutto quello che si stanno pigliando dal 1861, mi sono scocciato. I soldi o ce li date o ce venimmo a piglià. Io nun c’à faccio cchiù a governare Napoli senza soldi!”.

Il luogo e la data sono altamente simbolici, come si addice per i grandi proclami che hanno segnato le biografie dei più grandi leader politici e la storia dell’umanità. 20 settembre, anniversario della Breccia di Porta Pia, con l’unificazione del Lazio con il Regno d’Italia e conseguente fine del potere temporale della chiesa Cattolica, nel 1870; Portici, città dove è sorta la prima ferrovia italiana, la Napoli-Portici realizzata nel 1839 nell’allora Regno delle Due Sicilie.

Naturalmente non si può essere certi che il sindaco abbia avuto in mente esattamente questi due riferimenti cronotopici quando ha pronunciato questo discorso, questo è un compito che in genere viene affidato agli storici. Il sottoscritto non è uno storico, ed ha colto queste due coincidenze rispetto ad altri rispettabili anniversari, il 20 settembre è infatti anche la data in cui avvenne la prima proiezione cinematografica in Italia, la data in cui apparvero le prime stigmate di Padre Pio di Pietralcina, nonchè quella in cui cui entrò in vigore la legge Merlin, ed altre significative e memorabili circostanze storiche.

Il concetto espresso dal sindaco comunque è abbastanza chiaro: pur avendo ragione a lamentarsi dello stato delle casse del comune, sull’orlo di un dissesto che sembra davvero poco scongiurabile, e che forse il sindaco avrebbe fatto bene a dichiarare fin dal suo primo insediamento a Palazzo San Giacomo, nel 2011, il problema delle esigue risorse del comune di Napoli risale non alle ultime giunte, essendo una delle quali la sua, ma origina nel 1861, con l’Unità d’Italia, o forse meglio da quando Garibaldi fece il suo ingresso trionfale a Napoli (il 7 settembre 1860).

Il discorso, chiariamolo subito a chi non segue le vicende napoletane, non è nuovo. Già nel 2014 De Magistris aveva annunciato la sua svolta autonomista, assecondato in questo dal gruppo parlamentare di Sel che ha presentato per lui un importantissimo progetto di legge per l’istituzione di Napoli Città Autonoma, ovvero città che amministra in proprio le tasse ed i tributi.

Il senso del progetto politico è stato poi spiegato anche in un’intervista a Left, nella quale De Magistris ha chiarito che:

“…per la prima volta dal Dopoguerra la novità viene dal Sud e pone fine a quella litanìa della questione meridionale, dei soloni che da Roma, dai governi e dal parlamento, ci raccontano come deve cambiare il Mezzogiorno e poi fanno “politiche di gabbie” per tenere bloccato il popolo. Trovo molto bello che sia passato il concetto di “città ribelli”, ora dalla città ribelle bisogna passare al Sud ribelle, d’Italia prima e d’Europa e del mondo poi. Perché vogliamo essere a disposizione di tutte quelle popolazioni che si vogliono emancipare, la potenzialità dei Sud è enorme”

Si tratta comunque non di un progetto solitario, essendo condiviso con un potenziale cartello di realtà in Italia ed all’estero, la famosa rete delle “città ribelli”, e che sta all’interno di un’ipotesi internazionale di cui fanno parte, al momento, Yanis Varoufakis, e la sindaca di Barcellona, Ada Colau.

A scanso di equivoci, va detto che non si tratterebbe di un progetto antieuropeista, avendo Varoufakis stesso riconosciuto  recentemente che l’uscita dall’euro sarebbe un disastro. Tuttavia l’accento è chiaramente sulla rivendicazione dell’autonomia di un certo “Sud Ribelle”, quest’ultima sigla particolarmente cara alla galassia antagonista ed ex-disobbediente, sin dalla celebre assemblea di Cosenza nell’aula Magna dell’Università della Calabria, da cui poi prese vita il teorema giudiziario che nel 2002 portò all’arrestò di 13 militanti, poi prosciolti, alcuni anni dopo, da tutte le accuse. L’inchiesta condotta dal PM Fiordalisi della Procura di Cosenza si chiamava appunto “Sud Ribelle”.

Il simbolo comunque è sempre lo stesso, il Regno delle Due Sicilie stilizzato, a volte accompagnato con la scritta Sud Ribelle, ed è una delle caratteristiche bandiere che accompagnano il Sindaco di Napoli in tutte le manifestazioni.

Ma De Magistris si sbaglia quando dice che, per la prima volta, la novità sulla questione meridionale viene dal sud, da dopoguerra ad oggi. La questione dell’autonomia e del separatismo, cosa ben diversa dalla questione meridionale che si riferisce alla tradizione politica della sinistra italiana, è saldamente ancorata alla storia della nostra Repubblica, sin dalla Strage di Portella della Ginestra, il primo maggio del 1947, sulla quale vale sempre la pena di ricordare le parole del sociologo Danilo Dolci, che ha dedicato tutta la vita a cercare documenti su quell’eccidio: “Gli italiani devono sapere che Portella della Ginestra è la chiave per comprendere la vera storia della nostra Repubblica. Le regole della politica italiana in questo mezzo secolo sono state scritte con il sangue delle vittime di quella strage”. (Danilo Dolci, Paolo Baroni, Paolo Benvenuti, Segreti di Stato. Dai Documenti ai film)

Quella strage, come è noto, fu attribuita al “bandito” mafioso Salvatore Giuliano, che usò armi di fabbricazione americana. Mentre ancora è oggetto di indagini storiografiche la ricostruzione del ruolo di alcuni uomini della X Mas di Junio Valerio Borghese, addestrati dall’OSS, ovvero dall’odierna CIA, sbarcati sull’isola alcuni giorni prima della strage.

Ma anche altri movimenti e fenomeni separatisti sono stati legati a filo doppio con le strategie eversive si pezzi dello Stato e dei servizi segreti americani e della Nato.

Il separatismo altoatesino del Befreiungsausschuss Südtirol (BAS) degli anni ’60, ad esempio, a cui si ricollegano alcuni fili della galassia nera che portano alla strategia della tensione. La vicenda dei moti di Reggio Calabria del ’70, in cui emerge in chiaroscuro la figura di Stefano Delle Chiaie, alle spalle di personaggi legati al MSI ed eversori che sarebbero stati coinvolti nel Piano Solo e nella Rosa dei Venti, ed erano in contatto con Junio Valerio Borghese. E’ stata poi la volta della minaccia indipendentista della Lega Nord, negli anni ’80, il cui progetto eversivo si è nel tempo diluito con la confluenza nella geografia della destra politica italiana. E’ invece negli anni ’90 che ritroviamo Licio Gelli, in compagnia di Delle Chiaie, ispiratore di un movimento separatista meridionale che vedeva un ruolo attivo delle cosche mafiose legate a Cosa Nostra, secondo una teoria del capo della Procura di Palermo, Roberto Scarpinato.

Altri movimenti separatisti, ma meglio sarebbe chiamarli rigurgiti, che si sono affacciati in Campania, a ridosso della crisi della cosiddetta Prima repubblica, hanno avuto per protagonisti personaggi discutibili come Angelo Manna, ed una serie di liste civiche che nei primi anni ’90 sono state la causa principale degli scioglimenti per infiltrazione mafiosa di decine di consigli comunali.

L’onore delle armi ai separatisti indomiti spetta però, naturalmente, ai neoborbonici, i quali non hanno mai smesso di rimpiangere i fasti di un tempo che risale al dominio spagnolo, e su cui aleggia il mito di un’epoca d’oro che forse non è mai esistita.

Insomma, il separatismo pare sia sempre stato materia infiammabile, dal dopoguerra ad oggi. Speriamo che il sindaco di Napoli non ci si bruci.