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La prima di Sanremo: Ci siamo trasformati nei nostri genitori?

Un Sanremo che strizza l’occhio a un sacco di cose, forse troppe: giovani che fanno i giovani, non più giovani che fanno i giovani, paillettes, testi impegnati, ma anche cuore e amore.

E poi Baglioni ma non deve cantare troppo, e Bisio ma non esageriamo, e Favino ma non impegnato, e la Raffaele ma non libera di essere irriverente, i musical e l’hip hop e molti outifit orribili senza possibilità di salvezza alcuna.

L’ostinata ricerca del rinnovamento ha reso questa prima serata del festival un melting pot indefinito e indefinibile.

Be positive, cerchiamo di portarci a casa qualcosa.

Stasera abbiamo imparato due cose fondamentali:

  • La prima è che il talento non si improvvisa, che se c’è si vede, a qualsiasi età e in ogni condizione (vedi Loredana Bertè, Paola Turci, Ultimo).
  • La seconda, a mio avviso più importante: il livellamento verso il basso che stiamo subendo su qualunque fronte, ci ha già portati al punto in cui non si riesce più a distinguere cosa vale la pena ascoltare e cosa no, cosa sia meritevole di attenzione e approfondimento e cosa no.

E questa prima puntata di Sanremo è esattamente la rappresentazione di questa confusione e di questa pochezza di idee e intenzioni, di ideali e di creatività: il solito Renga, il solito Nek, i sempre outsider Silvestri e Cristicchi, la ormai impresentabile Patty Pravo, e poi una schiera di giovani talmente uguali tra loro che faccio fatica a ricordarne i nomi.

Giorgia sublime ed eterea, e anche questa non è una novità, passa da Jovanotti a Whitney Houston senza battere ciglio, e alle 23:33 ci regala la terza (o forse la quarta) emozione della serata intonando “Come saprei”, ed è tutto un coro di “beh quelle erano canzoni, eh a quei tempi si scopriva la musica vera”.

Ci siamo forse tutti trasformati nei nostri genitori?

Riesco a resistere ancora un po’ perché sono curiosa di ascoltare Achille Lauro: ho sbagliato, e perso minuti di sonno preziosi. Ma poi c’è Arisa, con una voce sempre più incredibile e i suoi polpacci pronunciati e un pezzo pieno ma carino, come al solito. I Negrita –  e poi spengo, davvero – ci portano un po’ di pop rock decente. E sono sempre fighissimi, diciamocelo.

Buonanotte amici, da un Sanremo (che mi spezza il cuore ogni anno di più) è tutto, linea allo studio.