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Che magari la vita è bella

Dormi finalmente qualche ora, sembra un miracolo, sorridi quel tanto che basta per dirti che va bene così, poi ti svegli e il terrore imperversa ancora, e fa sempre più paura.

Fratelli miei di tutto il mondo, vorrei saper parlare tutte le lingue per scriverlo a tutti.

Vorrei che questo stupido mezzo del quale siamo diventati schiavi potesse servire una volta a qualcosa.

Tenetevi stretti gli affetti, non chiudete il vostro cuore!

Sorridete, abbracciate, fate più complimenti e reprimete ogni tanto qualche pur sacrosanto pensiero negativo.

State vicini, fate le cose semplici insieme, vivete la vita a denti stretti come fanno tutti ma trovate sempre un sorriso in fondo alla sofferenza.

Tutti combattiamo delle battaglie personali, tutti abbiamo obiettivi, sogni, illusioni, tutti abbiamo tante frustrazioni. Se non le tiriamo fuori, non per forza è per nascondersi o per fingere di essere dei “vincenti”, ma magari solo per trasmettere positività al prossimo, per dare il meglio di se a chi non vorremmo mai far male.

Tutti siamo schiacciati dai pensieri, dalle ansie dei tempi velocissimi che ci hanno imposto, dal bisogno di affermarci attraverso l’approvazione degli altri. Viviamo a metà, capiamo la metà di ciò che vorremmo, e la metà ancora di ciò che dovremmo. Sappiamo la metà di ciò che vorremmo e che dovremmo.

Questi tempi incredibilmente, assurdamente difficili ci impongono la paura, del futuro, del diverso. Ci avevano promesso qualcosina di meglio.

Sentiamo che non è colpa nostra.

Ma un po’ lo è. Un po’ ne siamo artefici.

Ci hanno imposto di diffidare, ci hanno suggerito l’odio zitti zitti nell’orecchio, fino ad urlarlo fieramente, una volta che lo avevamo accettato, che eravamo abituati all’idea.

L’odio che abbiamo preso con leggerezza è diventato violenza.

La violenza che abbiamo preso con leggerezza ha alimentato le paure e l’ignoranza. O viceversa. Insomma, quello!

Se i nostri dii sono tutti diversi, se i valori sono diversi, se le condizioni di vita sono diverse, se i nostri odori sono diversi, se i nostri colori sono diversi, se i nostri gusti sono diversi, se i nostri modi di concepire le cose della vita sono diversi, non sempre, non per forza ció vuol dire che queste diversità debbano allontanarci.

Se riuscissimo a preservare almeno l’unica cosa che ci distingue dagli altri animali che popolano questo mondo, l’umanità, magari chissà scopriremmo che la violenza non è mai stata realmente volontà, colpa, propensione dei popoli.

I popoli, se prendono coscienza, magari vorranno solo affermare la loro identità, e quindi oh, semplice semplice, i popoli sono popoli, sono fatti di persone, le persone oh, semplice semplice, vivono di emozioni, emozioni di cui hanno bisogno, e le emozioni più forti e contagiose sono quelle positive. Non ce lo possono levare dalla testa questo fatto.

Fratelli diversi da me, sono ridicolo anche solo a volermi dilungare, come se avessi realmente un interlocutore, ma se potessi vi direi: non abbiate più paura di parlare d’amore.

C’è amore in ogni piccola cosa che ci faccia star bene.

Proprio quando il mondo sembra sfuggirci di mano, ricordiamoci dell’amore. 

Non è banale, è necessario.

Amore, diciamocelo.

Ditelo a mamma, a papà, al fratello, alla sorella, a una persona che vi è sempre stata simpatica, a una persona che stimate. Sembro il Papa, io manco lo so in cosa credo, figuriamoci.

Spargete la voce. Io ti amo. O anche io ti voglio bene. O anche un abbraccio. O anche un sorriso. O anche dividendo qualsiasi cosa voi abbiate per due, per tre, per quattro. Praticate la bontà! Condividete la gioia! Siate contagiosi, se potete. C’è dell’amore anche per chi, consapevolmente o meno, ci ha fatto del male.

Non inneggiate all’odio. Inneggiate all’amore. 

O se non riuscite ad inneggiare all’amore, almeno fatelo per me, non inneggiate più all’odio.

L’odio mi fa paura.
E io non mi voglio più chiudere dentro.
Voglio prendere la chitarra e andare a suonare in mezzo alla gente per strada.