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La ‘Satira’ di Libero sulle vacche di Virginia Raggi

Un miracolo, l’avevamo definito un miracolo. Libero infatti, con un titolo: “La patata bollente”, era riuscito a compattare tutti, in difesa della Raggi.

Romeo e Marra, due personaggi imprescindibili per la vita politica italiana, erano improvvisamente scomparsi. L’attenzione era catapultata comunque sulla Sindaca ma, questa volta, a differenza delle altre, erano tutti dalla sua parte. Finanche i suoi più ‘acerrimi nemici’ hanno voluto/dovuto mostrare la loro ‘vicinanza’.

Nonostante siamo fermamente convinti che non debba far proprio piacere un ‘titolaccio’ del genere, è altamente probabile che sentire tutta questa vicinanza sia stato alquanto insolito per la Raggi. Soprattutto perché proveniva anche da chi, quotidianamente, lavorava (e lavora tuttora) per screditare il suo partito, strumentalizzando il suo personaggio mediatico.

Ragion per cui la vignetta di Natangelo, sul Fatto Quotidiano, poteva essere cnsiderata più che condivisibile:

Il problema è che, il direttore di Libero, Vittorio Feltri pare aver preso alla lettera questa vignetta, come dimostra la prima pagina odierna di Libero che, anche oggi, è incentrata sui problemi reali del Paese Italia.

Probabilmente, anche lui, come altri giornalisti d’Italia dimentica che la Raggi è il primo cittadino del Comune di Roma, non dell’Impero Romano.

Quindi, la vendita all’asta di alcuni capi di ‘bestiame’ appartenenti al comune di Roma, diventa argomento di dibattito nazionale e presupposto per un altro titolone ad effetto con annesso articolo di apertura che comincia con queste parole:

“Muggiscono tristi le vacche frisone nella stalla della tenuta agricola di Castel Di Guido. Forse sanno che il comune vuole sbarazzarsi di loro: asta pubblica per rimpinguare le casse capitoline”.

Insomma, una vicenda di importanza fondamentale, tanto da far passare in secondo piano i nuovi tagli imposti dall’Europa. Tagli che comporteranno l’ennesima stretta di cinghia per questo Paese. Un Paese che continua a non stare al passo con gli altri.

E, mentre ai tempi dell’Impero Romano il poeta Giovenale, nella sua Satira X, sosteneva:

“Populus duas tantum res anxius optat panem et circenses”

che tradotto significa:

“Il popolo due sole cose ansiosamente desidera: pane e giochi circensi”

Ai nostri tempi, di certo, manca almeno una delle due cose. Ed anche la Satira non è più la stessa…