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Le albe di fatica di Usain. Bolt sulle orme di Muhammad Alì.

Visibile in sala solo ieri a Milano e Londra per poi essere disponibile in DVD e Blue Ray a partire dal 6 dicembre. Parliamo del film sulla vita di una degli atleti più rapprsentativi di questo nuovo secolo. Il film porta il suo nome e ne è una vera e propria dichiarazione: “I’m Bolt“. La pellicola è una autobiografia che spazia tra la vita pubblica e quella personale dell’uomo più veloce del mondo (forse della storia). Ci sono i suoi genitori, i suoi amici di sempre, il suo allenatore Glenn Mills, ci sono le sue vittorie e ci sono le sue fatiche quotidiane: le corse con i traini agganciati alla schiena o le immersioni in vasche ghiacciate. Ci sono i riferimenti ai suoi avversari con non troppo celate accuse di doping: Bolt pensa semplicemente che chi ne fa uso va cacciato e basta. Fischieranno le orecchie di qualche americano di nome Justin Gatlin.

In occasione proprio del film proiettato a Londra, Bolt si è concesso all’opinione pubblica internazionale rilasciando alcune dichiarazioni. Per l’Itallia alla Gazzetta dello Sport che qui riportiamo.

“Voglio lasciare molte cose. I ricordi dei miei successi. I miei gesti. La passione, il sacrifico,  che sono la vera chiave delle vittorie. Io amo profondamente l’atletica.”

La prima parte riguarda i progetti per il futuro: dopo i  mondiali del 2017 (guardacaso a Londra) , in cui si cimenterà solo nei 100 metri, lascerà l’atletica: “Dopo Londra voglio provare a misurarmi con il calcio, la mia grande passione. La prima partita che ho visto era una gara del Manchester United e per questo tifo per i Red Devils. Il mio idolo è Rudd Van Nistelrooy. Vorrei giocare in attacco sfruttando la mia velocità nella consapevolezza in ogni caso che il calcio non è l’atletica”.

G: Si è parlato anche di un provino al Borussia Dortmund?

B: Vero, se ci fosse questa possibilità sarei contento.

G: Perchè ha girato questo film?

B: La ragione è molto semplice: volevo mostrare cosa ci sia dietro ai miei successi. Mi sono impegnato a fondo per arrivare in alto. Mi sono allenato anche alle 5 del mattino.

G: La vittoria alla quale si sente più legato.

B: Forse le medagli di Rio. L’infortunio alla gamba del 2014 era stato una brutta botta. Nel film ho voluto mostrare il lavoro svolo in quel periodo per guarire e tornare in alto. Ricominciare quasi da zero non è stato facile. Ritrovare me stesso è stato davvero fantastico. 

G: Dieci anni ad altissimi livelli. Come si resta protagonisti in uno sport come l’atletica in un periodo così ampio?

B: La molla è sempre stata il successo. Volevo e voglio vincere. Non mi è mai piaciuto perdere, nemmeno in una gara di contorno.

G: Quando cominciò l’attività quale fu il suo desiderio?

B: Volevo diventare il più veloce al mondo nei 100 e ce l’ho fatta.

G: L’avversario più difficile?

B: Asafa Powell. Il mio primo grande rivale: è stato molto difficile con lui.

L’intervista poi passa a richiamare alla mente del fulmine giamaicano quali sono stati i suoi punti diferimento nell’atletica e nello sport in generale:
Muhammad Alì è stato il più grande in assoluto. Il film sulla sua vita mi ha stregato. Alì è andato ben oltre i confini dello sport: ha lasciato un’impronta importante nel mondo. Vorrei essere un giorno accostato a lui. Un altro atleta che considero un simbolo è Pelè.

Don Querrie è stato il primo grande sprinter della Giamaica. Cinque partecipazioni olimpiche. La medaglia d’oro a Montreal nei 200. Gli hanno dedicato una statua allo stadio di Kingston. L’altro modello è stato Michael Johnson. I suoi trionfi ad Atlanta 1996 furono straordinari. 

Poi si passa a parlare di doping e di Gatlin: “la mia posizione sul doping è sempre stata chiara: chi fa uso di sostanze proibite deve essere allontanato dallo sport.

Poi si prosegue su domande sulla sua carriera:

G: Quando si è sentito al top?

B: Non c’è stato un solo momento. Ho sempre vissuto la mia attività al massimo e questo mi impedisce di compiere distinzioni. In tutti i miei successi ho dato il meglio di me stesso.

G: Il momento in cui ha capito che poteva farcela.

B: I mondiali juniores di Kingston nel 2002 rappresentano una tappa fondamentale. Vincere in casa, di fronte alla mia gente mi diede una carica incredibile. Conquistai l’oro nei 200 e l’argento nella 4X100. Le immagini di repertorio del mio film sono emozionanti. Quello è stato il mio primo momento di pura felicità.

G: Come riesce a convivere l’atleta col ragazzo di 30 anni?

B: Ho cercato sempre di dare uno spazio alle mie passioni. Non è stato difficile trovare un punto di equilibrio. Non si tratta di trasgressioni ma di normale divertimento per un uomo della mia età.

G: Come immagina un ruolo nell’atletica dopo il ritiro

B: Mi piacerebbe ricoprire un ruolo di ambasciatore per contribuire a promuovere il mio sport nel mondo. Ho cominciato a parlare col presidente della federazione internazionale, Sebastian Coe. Nel mio futuro vorrei dedicarmi anche alle mie attivià di solidarietà. Sono un impegno importante.

G: Come immagina Bolt tra qualche anno?

B: Non lo so. Ma lo sport e l’atletica svolgeranno un ruolo centrale.

Infine, un suggerimento che vale anche come monito…..

G: Cosa suggerirebbe alla federazione italiana?

B: Investire e promuovere eventi, coinvolgendo le scuole. Bisogna cercare di attrarre i giovani per creare una base solida e da questa si potrà poi attingere le forze migliori. Gli eventi servono per ispirare i giovani, soprattutto oggi che la concorrenza degli altri sport è fortissima.