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Tennis, Us Open: Tempo di primi bilanci

Gli Us Open sono al giro di boa. Si conclude la prima settimana dello slam newyorkese ed è arrivato il momento di tirare un po’ di somme.

What’s happened in NY? Lo scopriremo insieme. Preparatevi, in ogni caso, al resoconto di uno degli Slam più poveri, tennisticamente parlando, che io ricordi.

Sì, perché un edizione del genere, caratterizzata da tante ombre e ben poche luci, assenze pesanti, dipartite illustri, era molto difficile da pronosticare, seppur dai due tornei del circuito Master qualche segnale avremmo potuto trarlo.

Qualche settimana fa mi scagliai con un certa veemenza contro la mediocrità del torneo di Montreàl, davvero misero e salvatosi per il rotto della cuffia grazie alle attrattive Federer e Shapovalov, ma ovviamente non mi dilungherò, avendo già sviscerato (più o meno) l’argomento. Nel successivo evento in programma, Cincinnati, lo spettacolo è stato il medesimo, ma l’euforia mediatica conseguita al primo successo importante nella carriera di Grigor Dimitrov ha fatto si da rendere intrigante ciò che intrigante, a mio avviso, non lo era “manco pe niente”.

Il bulgaro ha ottenuto un successo importante, il trionfo nel primo 1000 in carriera, ma non bisogna dimenticare che la competizione era orfana della maggior parte dei tennisti che contano, chi alle prese con infortuni pregressi, chi continuamente alle prese con un rendimento altalenante e alla perenne ricerca di un’agognata continuità.

In ogni caso l’ex “baby Federer” ha espresso un gioco notevole, e questo gli deve essere riconosciuto, unito ad una condizione fisica strabiliante. Tanto è vero che ci si aspettava molto da lui a Flushing Meadows: inutile dire che anche quest’anno, per vincere, se ne parla l’anno prossimo.

Ma andiamo con ordine. Ai blocchi di partenza dell’ultimo slam stagionale vi erano alcune assenze certe: Djokovic, Wawrinka, Murray e Raonic. Capirete che l’assenza dei primi tre, di per sé, già privava il torneo di appeal e ne inficiava la potenziale spettacolarità.
A spingere ulteriormente nel baratro il livello generale della competizione hanno poi pensato alcune delle teste di serie più attese, che avrebbero dovuto approfittare proprio degli spazi creatisi nelle rispettive parti di tabellone e che sono incorse in inciampi più o meno gravi.

Kyrgios (def. by Millman), Zverev (def. by Coric), Dimitrov e Cilic (def. by Schwartzman), giocatori con tutte le carte in regola per arrivare in fondo, hanno deluso e in quattro e quattr’otto hanno fatto fagotto (rima superflua ma necessaria).

Mentre Grigor, dal canto suo, potrà dire di aver perso da una futura stellina di questo sport, quel Rublev di cui si parla un gran bene e che proprio contro il bulgaro ha espresso un tennis solido ed efficace, gli altri tre da me menzionati non hanno alcuna scusante.

Ma a testimonianza di come questi Us Open siano nati sotto una stella se non cattiva, non proprio foriera di grandi avvenimenti, anche i due eroi della stagione, Roger e Rafa, hanno vacillato, eccome.

Il primo soprattutto, che ha faticato a trovare il ritmo partita dopo la sosta forzata imposta dalle fatiche del master canadese e il risentimento alla schiena, è riuscito a trarsi in salvo da due turni complicati contro Tiafoe e Youzhny, i quali lo hanno impegnato per ben 10 set complessivi. Sprazzi di un Federer più in palla si sono intravisti nel terzo turno contro Feliciano Lopez (liquidato per 3 a 0), in cui lo svizzero ha offerto una prestazione molto più solida.

Nadal, invece, ha smarrito qualche set qua e là. La migliore condizione sembra ancora lontana, ma seppur con qualche incertezza è ancora lì: modesti gli avversari incontrati sino ad ora (Lajovic, Daniel e Mayer) ma appare anche lui in crescita.

I veterani, dunque, sono entrambi alla seconda settimana e da qui in poi vanno considerati come i favoriti della competizione, per forza di cose. Il gioco si farà duro però.
Caso ha voluto che nella loro parte di tabellone sia concentrata la maggior parte dei tennisti più quotati ancora rimasti in gara: Thiem, Del Potro, Goffin, Rublev.

Menzione per i primi due, apparsi in grande condizione. In particolare, per la gioia di chi scrive (perché sempre affascinato dalle belle storie di sport e da quegli atleti che lottano contro le avversità), “Delpo” sembra tornato quello di una volta e persino il suo rovescio, vero tallone d’Achille degli ultimi tempi, pare più efficace e consistente.
Si giocheranno l’accesso ai quarti in quello che si prospetta il match più interessante tra quelli in programma.

La differenza tra parte alta e bassa dei draws è a dir poco imbarazzante.
Anderson, Schwartzman, Carreno Busta, Querrey: uno di questi sarà il finalista dell’edizione 2017 del torneo americano.
Peccato per l’eliminazione di Denis Shapovalov (in gara dallo stesso lato dei signori succitati), il quale avrebbe avuto gli strumenti per giungere sino all’atto conclusivo e avrebbe reso quanto meno suggestiva una finale che, non me ne vogliano, non vedo come possa avere un vincitore diverso da qualcuno che provenga dalla parte alta.

Ad ogni modo, per “El Shapo“, è stato un ottimo torneo. Non dimentichiamoci che il ragazzo è un ’99 e ha margini di miglioramento impressionanti. Per carisma, personalità e gioco ritengo sia il miglior esponente della next-gen e credo non sia difficile prospettargli un futuro roseo e ricco di successi.

In conclusione non ci resta che sperare che il livello si alzi in questa seconda settimana e che possibilmente, da appassionato, la semifinale si riveli essere un “Fedal“,
espressione di una rivalità senza tempo e di emozioni forti garantite. Nel caso, sarebbe una finale anticipata.

Qui il prospetto dei match in programma:

Fourth round
R.Nadal vs A.Dolgopolov
R.Federer vs P.Kohlschreiber
D.Goffin vs A.Rublev
D.Thiem vs Del Potro

P.s. I quarti della parte bassa sono già formati e vedranno opposti
S.Querrey vs K.Anderson
P.Carreno Busta vs D.Schwartzman

Appuntamento al termine del torneo, Stay tuned!