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Basket Nba, i nuovi Atlanta Hawks 2018/2019 in 5 punti

I Golden State Warriors della eastern conference. In teoria. Quanto alla pratica, toccherà aspettare e farsi le domande giuste: per non rimanere né sorpresi né eventualmente delusi.

1) Travis Schlenk. In realtà il vero perno dell’analogia Hawks/Warriors non è Trae Young bensì Travis Schlenk, il general manager che da un anno a questa parte si sta occupando di rimodellare la franchigia della Georgia dopo gli anni di successo (ma senza nessuna vittoria concreta negli annali) legati alla leadership di coach Mike Budenholzer. Schlenk ha lavorato per tredici anni all’interno dei Warriors di cui gli ultimi 5 nelle vesti di assistant general manager; cinque anni in cui i Warriors hanno riscritto le regole del gioco sia a livello di modo di stare sul parquet (death lineup ma non solo) che di risultati. Naturale quindi immaginare che, venendo dalla franchigia meglio gestita della Nba, Schlenk possa avere in mente di ricreare il più possibile la medesima alchimia tecnico-ambientale nella sua avventura da top executive degli Atlanta Hawks nella depauperata (almeno per ora) eastern conf.

Travis Schlenk, l’architetto dei nuovi Hawks 

2) Trae Young. E l’analogia continua dunque con una point guard di piccola taglia, in statura sì ma soprattutto in muscolatura, con la capacità però di far gravitare intorno a sé l’attacco della propria squadra grazie ad un range di tiro senza limiti di distanza ed una notevole capacità di passare la palla non solo con la prediletta mano destra ma anche con la sinistra. Ora il problema del paragone con Curry è che Curry, rispetto a Young, è (un po’) più alto, più definito a livello muscolare, più atletico in generale e anche prendendo a riferimento, come giusto che sia, il Curry ventenne VS lo Young attuale (20 anni a settembre) la sensazione è che Steph Curry sia sempre stato atleticamente più bouncy rispetto a Trae Young.

Limitazioni fisiche che rischiano, a livello Nba, di impattare negativamente la dinamica relativa al rilascio della palla al momento del tiro (point of release) e che potrebbero accentuare il dibattito, già in corso, relativo all’effettiva abilità di Young di essere un’efficiente scorer Nba. Per ora, chiaramente, più un realizzatore di volume che di qualità e con in più l’incognita relativa alla reazione che il corpo di Young avrà a contatto con i rigori e lo stress tipici di una lunga (e per alcuni, estenuante) regular season.

Detto dei difetti, bene pure chiarire che Young ha già, almeno, una cosa che lo separa in positivo da tutte le altre giovani lead guards della lega: una visione di gioco assolutamente notevole, in particolare, ma non solo, trovando l’uomo dopo aver giocato un pick&roll d’ingresso nel gioco. Del resto, già in fase di avvicinamento al draft era parso chiaro come tra le skills della giovane point guard da Oklahoma quella del passaggio e più in generale della visione del gioco fosse la più nba ready e quella dunque su cui fare affidamento nel difficile periodo di transizione dal basket universitario a quello dei pro.

Trae Young (Photo by Bart Young/NBAE via Getty Images)

3) Kevin Huerter & Omari Spellman. Per descrivere al meglio l’analogia tra il tiratore da Maryland Kevin Huerter ed il suo (potenziale) modello di riferimento Klay Thompson basterà riportare come, tra le comparazioni fatte in vista del draft e finalizzate ad indicare anche ad un pubblico non attento al mondo Ncaa i tratti più salienti del modo di giocare dei giovani prospetti dichiaratisi per il draft 2018, una delle più ricorrenti definizioni per Huerter fosse questa: discount Klay Thompson.  Più chiaro di così! Giochi di comparazione a parte, molti indicavano Kevin Huerter come uno dei 3 migliori tiratori puri del draft 2018; operatosi alla mano destra a metà giugno, ha dovuto saltare la Vegas Summer League ma ha già ricevuto, un paio di giorni fa, l’ok dai medici degli Hawks per riprendere l’attività agonistica in vista del training camp di settembre.

Kevin Huerter in maglia Maryland

E l’analogia continua con Omari Spellman, novello Draymond Green. Scelto alla numero 30, Spellman entra nella lega con un dinamismo fisico interessante e che starà ai trainers di Atlanta implementare e rifinire in modo tale da dare libero sfogo alla promessa abilità di Spellman di diventare uno di quei moderni lunghi in grado di difendere nello spazio (perimetrale) contro giocatori più piccoli e veloci dopo aver accettato un cambio difensivo. In attacco, il suo maggior asset dovrebbe essere quello di tiratore perimetrale da situazioni di pick&pop, caratteristica che dovrebbe interagire bene con le abilità di palleggiatore e passatore di Trae Young. Anche qui, ed ovviamente, il giochino Spellman/Green serve più come spunto di discussione e (tendenziale) principio di analisi che come realistica previsione di come andrà o meno la carriera di Spellman o la storia futura dei nuovi Hawks.

Omari Spellman alla Summer League

4) Lloyd Pierce. A questo ex assistente di Brett Brown in quel di Philadelphia il compito di guidare dalla panchina il nuovo ciclo degli Atlanta Hawks. Un chiaro accento sullo shooting, in particolare dalla lunga distanza: Trae Young, Kevin Huerter, Omari Spellman ma anche Taurean Prince (38,5% da 3 nell’ultima stagione). Una coppia di lunghi (del futuro) ben assortita badando alla complementarietà delle caratteristiche di entrambi: Spellman= dinamico e tiratore, John Collins= atletico, schiacciatore e notevole rimbalzista offensivo. Sarà libero Lloyd, inoltre, dall’obbligo di trovare spazio al vulcanico(?) Schroder spedito ai Thunder ed in attesa che il mercato trovi magari una collocazione nuova a Bazemore e Dedmon, la cui età (entrambi ventinovenni) mal si allinea con la timeline di un paziente e metodico rebuilding come quello degli Hawks.

Coach Lloyd Pierce

5) The long road. No, non siamo passati a recensire il quarto album dei Nickelback. Il punto è che, di tutte le squadre Nba in odore di rebuilding (o re-tooling come alcuni preferiscono dire per prevenire la puzza di tanking spudorato), quello degli Atlanta Hawks di Travis Schlenk sembra essere il progetto più metodicamente dedicato a ricostruire tramite il draft evitando impulsivi ricorsi alla free-agency ed anzi utilizzando le trades per aiutare squadre dai payrolls mastodontici a pagare un po’ meno tasse in cambio di scelte o altre utilità che possano in futuro accelerare e rendere definitivamente efficace il nuovo corso della franchigia della Georgia. L’operazione Carmelo Anthony docet.