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La lunga vita al tiro da tre di Lebron James

I miglioramenti al tiro da tre di Lebron James

A margine di una campagna di rafforzamento che ha portato in casa Cavs il “fucking playmaker” nella persona di Deron Williams, oltre e Bogut, Derrick Williams e prima ancora Korver, con un secondo quintetto di assoluto livello, ci preme mettere in risalto come King James sia migliorato in un aspetto del gioco in cui l’anno scorso è risultato non proprio all’altezza delle sue regali qualità.

Le cifre dell’accoppiata gennaio-febbraio (la perla è rappresentata dall’incredibile partita contro i Wizards a Washington) recitano 25.7 punti di media, 8.4 assist, 7.5 rimbalzi con il 60% dal campo ed il 41% da tre.

Ora , che siamo di fronte ad un mostro ed al giocatore più completo dell’intera lega credo sia inutile dileguarsi. Quello che ci preme sottolineare è come Lebron abbia affinato sia la meccanica di tiro che le percentuali in una singola zona di campo. Parliamo dell’evidente miglioramento al tiro da tre (una delle chiavi della pallacanestro moderna) di Sua Maestà. In primis si registrano queste cifre:  31.9% con 3 tentativi a partita l’anno scorso con il 38.6% e 4.5 tentativi a partita di quest’anno. In particolare osserviamo questi due grafici:

              

La passata stagione i tiri presi “top of the key” erano il 18.8% di quelli oltre l’arco con una percentuale del 30.2% al di sotto della media dell’intera lega: 34.2%. Quest’anno siamo al 13.6% del totale con una conversione mostruosa del 53.1%, la media del resto degli umani è del 35.1%. Un dato che impressiona sono le conclusioni presi dall’isolamento: 30.6% l’anno scorso, 34.5% quest’anno. Notevole è la meccanica di tiro in quella porzione di campo che ha permesso a Lebron di elevare le cifre e la qualità dei tiri presi: l’affinamento della meccanica ha portato a spingere con i piedi in fase di sospensione così da consentire una maggiore rilassatezza delle spalle permettendo un rilascio migliore: si è praticamente costruito un nuova modalità di tiro permettendosi di evitare i cosiddetti “too long shooting” con un ritmo più omogeneo tra la fase di partenza e quella di chiusura del movimento.Inoltre la maggior parte di questi tiri vengono dopo un “off the dribble”: in questa statistica Lebron è secondo solo a Steph Curry (49.7%) attestandosi su un 35.6%: una cifra nettamente superiore rispetto ad altre ali piccole come Kevin Durant (23.6%) o Carmelo Anthony (21.3).

Altre due cose che si notano nella shot chart sono le scelte e i tiri ad alta percentuali dal lato destro e “from the corner”. Guardiamo al primo caso:

Per quanto riguarda il lato destro (righ wing) la differenza rispetto all’anno scorso è notevole: 25% con 15/60 (la media era 35.4%) contro il 36.2% con 17/47 (la media è 35.4%). Anche qui i miglioramenti stanno nella meccanica: soprattutto nel rilascio, molto più sciolto rispetto alla passata stagione: dei piccoli particolari che permettono di non forzare troppo al momento del tiro trovando come premio le percentuali sopracitate. Inoltre si nota una minore elevazione in fase di salto: questo comporta un vantaggio, saltando troppo alto infatti lo sforzo può portare le spalle ad essere troppo tese e meno fluide in fase di rilascio.

“From the corner”, in particolare sull’angolo sinistro. Qui possiamo osservare come si sia passati da un 25% con 5/20 ad un 47.1% con 8/17. Anche in questo caso c’è una sorta di anomali. In questo caso non parliamo di meccanica di tiro ma di modalità di tiro. Lebron, infatti, costruisce i suoi e le relative percentuali non da “spot up jump” o da “catch and shot” ma da isolamenti che vengono off the dribble. In situazioni uno contro uno in cui crea separazioni con il difensore per poi tirare con risultati, come visto, ad alta percentuale. Una situazione esattamente all’opposto rispetto ai normali dettami e ai consueti set offensivi delle squadre: ad esempio i “maestri” del tiro da tre, gli Houston Rockets, i cui tiri dagli angoli vengono quasi sempre dopo situazioni di scarico. Quello che rende ancora più sbalorditivo il dato è la quantità di forzature che Lebron riesce a mandare “al fondo del secchiello”.

Insomma, un sensibile miglioramento nella meccanica di tiro comporta un aumento di produttività in termini statistici. La dimostrazione di come Lebron non si è certo fermato in estate dopo il titolo conquistato, ma abbia lavorato duramente per affinare una parte del gioco che l’anno scorso l’ha visto sotto le sue abituali medie.